Il castello di ghiaccio di Tarjei Vesaas: un classico nordico

Il castello di ghiaccio

Il castello di ghiaccio è un romanzo che ci cala nelle inquietudini e nelle fragilità più insondabili dell’adolescenza attraverso una storia di amicizia e smarrimento che ha l’atmosfera sospesa dei sogni.

L’inverno in Norvegia: il freddo, il buio, la solitudine, ma anche laghi che diventano lucidi specchi d’acciaio, alberi che si trasformano in ricami di brina, monti e valli che si confondono in un luminoso biancore.

Un sortilegio sembra immobilizzare ogni cosa, come la cascata vicina al villaggio che il gelo ha trasformato in un castello di ghiaccio, una straordinaria costruzione di cupole, guglie, anfratti e saloni, che pare attirare tutti a sé con una forza arcana, come i castelli incantati delle fiabe o le inquietanti rocce di Hanging Rock.

E anche questa è la storia di un’inspiegabile scomparsa, di una vana ricerca e di un mistero insoluto. Ma è soprattutto la storia di un’amicizia e lo scavo nel cuore di due adolescenti: la vivace Siss, trascinante dominatrice tra i giovani della piccola comunità, e la bella Unn, nuova arrivata, schiva e solitaria, che ha il fascino enigmatico di chi nasconde un segreto.

È un lento avvicinamento, il loro, che mette a nudo quell’identità complessa e indefinita tra l’infanzia e l’età adulta, quando tutto è portato agli estremi e mira all’assoluto, in un fragile equilibrio che basta poco a spezzare in dramma.

I bambini, gli adolescenti, i marginali che Vesaas sceglie come suoi protagonisti sono forse troppo sensibili per adattarsi al mondo, ma hanno il dono di vedere l’essenziale, di ascoltare le voci dell’acqua e del vento, di lasciarsi incantare dalla bellezza della natura fino a varcare il confine tra la vita e la morte per perdersi nel suo grande abbraccio.

Il castello di ghiaccio  è una favola dark che pone al centro di tutto la natura nordica nel suo essere solida, implacabile e imparziale. 

La geografia umana sfiora timidamente il tessuto narrativo, quasi a lasciare spazio al messaggio e alla morale che l’autore vuole veicolare.

E’ una lettura che va fatta propria in uno stato di totale intimità e accettazione di noi stessi.

Si percepisce fin dalle prime pagine che l’autore non vuole svelare la mistica racchiusa in questa sua metafora di crescita e di passaggio dall’infanzia all’adolescenza e di tutte le diversità insite in ognuno di noi in un mondo che per certi versi mette alla prova sempre e comunque prima o poi.

Il simbolismo racchiuso tra le pagine de Il castello di ghiaccio, si rivela prezioso e universale.

L’inverno nordico accompagna la protagonista fino allo sbocciare della primavera della sua vita, in una parabola esistenziale che si avviluppa alle radici della terra.

“Siamo suonatori di flauto, attratti da cose cui non sappiamo resistere.”

La scomparsa dell’amica undicenne, conduce Siss in un mistero, chiave principale di questa fiaba gotica in cui persino Hans Christian Andersen riaffiora nelle sensazioni provate; mentre la ricerca di se stessi ricorda quel “Castello Interiore” che Santa Teresa d’Avila cercava, e tenta ancora, di farci conoscere.

Natura incontaminata che impone le sue leggi e decide i ritmi da seguire, perché in fondo non possiamo arrestare la crescita e lo scorrere del tempo.

Al lettore il compito d’immedesimarsi in almeno uno di questi giovani studenti che si trovano nella perduta terra, la comunità rurale nel Telemark, Norvegia.

Il castello di ghiaccio non abbandona mai la scena ed il fiume che, nonostante tutto scorre sotto di lui, si trascina in un moto perenne e ostinato.

Un romanzo di formazione tra sogno e realtà, in un mondo dove neve, acqua e brina racchiudono il significato del ghiaccio, secondo cui la mitologia norrena gli attribuisce un processo di trasformazione, perfetta simbologia di crescita per comprendere quanto sia importante avere al nostro fianco qualcuno che ci guidi e consigli, come l’anziana zia o proprio i genitori oppure ancora l’intera comunità. 

Vesaas racchiude significati importanti spesso a noi poco chiari e interpretabili, siamo così  distratti e chissà quanti secondi sono già trascorsi…

Una lettura molto poetica, scorrevole e originale, ricca di estratti preziosi e perfetta in qualsiasi momento dell’anno ma sicuramente acquista un fascino speciale se letta durante la stagione fredda nel tepore delle nostre case.

Se amate l’azione, la frenesia, i personaggi dettagliati, la razionalità sempre al primo posto e l’uomo al centro dell’universo, di certo questo non è un libro adatto a voi. 

Se amate forzare i vostri limiti ed ampliare la vostra visione interiore ed esteriore potrebbe regalarvi delle gioie inaspettate, ritrovandovi a riflettere su queste righe e parole anche tempo dopo aver terminato la loro lettura. 

E’ una favola per grandi, ma come accade con quelle per bambini difficilmente poi si può scordare!

Tarjei VESAAS

Nato nel Telemark, regione contadina dove folklore e tradizioni popolari erano molto sentite, autore prolifico di romanzi, racconti, drammi e radiodrammi, è ormai considerato un grande classico della letteratura norvegese del Ventesimo secolo, vincitore del Premio del Consiglio Nordico nel 1964 e plurinominato al Nobel.

Dopo un inizio letterario secondo un modello neoromantico, in cui Knut Hamsun e Selma Lagerlof sono i suoi «dei», trova la vena migliore nei romanzi di tipo simbolico, quali “Il castello di ghiaccio” e “Gli uccelli”, entrambi pubblicati da Iperborea.

Autore