Le ultime confessioni di Sylvia P. di Lee Kravetz
Sinossi
Nel 2019, a più di cinquant’anni dal suicidio di Sylvia Plath, Estee, la curatrice di una piccola casa d’aste del Massachusetts, si trova a esaminare tre vecchi quaderni fitti di scrittura. Non ci mette molto a intuire che potrebbe trattarsi del manoscritto originale del romanzo La campana di vetro: una scoperta sorprendente, che la porterà a capire di essere legata alla grande scrittrice in un modo che mai avrebbe potuto immaginare.
Sul finire degli anni Cinquanta la maliziosa poetessa Boston Rhodes (dietro a cui scorgiamo la figura di Anne Sexton) racconta in prima persona la rivalità con la talentuosa Sylvia, verso la quale nutre una rancorosa invidia nonostante Plath, dal canto suo, si mostri sempre gentile e incredibilmente fragile. La relazione tra le due, fatta di infiniti chiaroscuri, rischierà di gettare Sylvia in una fatale spirale di follia e, alla fine, forgerà la sua eredità.
Pochi anni prima, nel 1953, la dottoressa Ruth Barnhouse, tra le prime psichiatre degli Stati Uniti, cura la giovane Sylvia durante i giorni bui trascorsi in un istituto psichiatrico in seguito a un tentativo di suicidio; quello che si instaurerà tra le due è ben più di un rapporto tra medico e paziente e aiuterà la brillante poetessa a tornare sulla strada della letteratura.
Le ultime confessioni di Sylvia P. è un accattivante mistery letterario in cui realtà e finzione si fondono per ridare vita a una scrittrice venerata; dai retroscena sulla nascita della Campana di vetro alla rivalità con Anne Sexton, dalla depressione alla vita matrimoniale con Ted Hughes, l’esistenza di Sylvia Plath viene riscritta attraverso tre narrazioni che, intrecciate con sapienza, compongono un romanzo audace e avvincente.
Recensione
“Un uomo è una freccia scoccata verso il futuro, la donna è il luogo da cui la freccia scocca” Sylvia Plath.
Confessione significa ammissione delle proprie colpe; in ambito letterario può significare “libro che contiene le memorie autobiografiche dell’autore” (Treccani).
In questo romanzo – Le ultime confessioni di Sylvia P. – di Lee Kravets non ho trovato ciò che pensavo di leggere: le confessioni o le ultime confidenze della scrittrice americana più iconica del ‘900.
In questo romanzo Mistery c’è tutto ma poco delle ultime emozioni di Sylvia Plath. Ci sono colpe e confessioni da parte di tutti gli altri protagonisti della storia, ma Sylvia fin dall’inizio sembra non essere presente se non come un simbolo, un mito. Sylvia già da subito è l’essere leggiadro che aleggia nelle vite degli altri personaggi. È inafferrabile.
Ho compreso, all’inizio con un po’ di delusione, che in questo romanzo non avrei trovato Sylvia Plath nella sua essenza e, quindi, consiglio a chi leggerà il romanzo di non approcciarsi alla lettura come se stesse veramente leggendo le ultime confessioni della poetessa, ma leggerlo come un mistery, che inizia come un documentario del ritrovamento di alcuni quaderni per poi deviare e confondere.
All’inizio la lettura è confusa e ambigua, solo pian piano tutto si collega, come quei puzzle dove delle tessere ti sembrano essere in eccesso ma, se parti in maniera razionale e hai pazienza, riuscirai a ottenere il risultato. Ecco, la cosa in cui è stato veramente bravo lo scrittore è proprio questa: sparpagliare e confondere le tessere e ordinarle lentamente, con pazienza, fino a ottenere la soluzione del mistero. Ma andiamo con ordine:
Le tre protagoniste del romanzo: tre sono le protagoniste principali che, in prima persona, parlano del loro rapporto con la Plath.
Abbiamo Estee che è curatrice di una piccola casa d’aste del Massachusetts; si ritrova tra le mani tre quaderni, e comprende subito si tratta del manoscritto de La campana di vetro, unico romanzo della poetessa Sylvia Plath, pubblicato qualche settimana prima che si suicidasse a Londra.
La domanda che si pone Estee è come era possibile che i quaderni si trovassero in una soffitta di una casa del Massachusetts? Sylvia si era trasferita alla fine degli anni ’50 in Inghilterra col marito Ted Hughes, La campana di vetro è pubblicato all’inizio solo in Inghilterra nel mese di febbraio del 1963, qualche giorno dopo l’autrice si uccide. È logico pensare che il processo creativo del romanzo si sia sviluppato proprio in Europa e non negli Stati Uniti e, tutti quelli che conoscono la storia della Plath sanno che Hughes, dopo la morte della moglie, prese tutti gli scritti e ne curò la pubblicazione. Appurato che i quaderni sono originali la domanda resterà: come hanno fatto i quaderni a volare dall’Europa fino in America?
Ruth Barnhouse secondo personaggio importante ne Le ultime confessioni di Sylvia P. è una psichiatra; ebbe l’incarico di curare e seguire la Plath dopo che tentò la prima volta il suicidio.
Qui abbiamo una chiave diaristica: giorno dopo giorno la psichiatra parla del suo lavoro annotando su un diario la sua esperienza e il suo incontro con la “signorina Plath” così come la chiamerà sempre. Nei loro dialoghi emerge la paura della giovane di non poter più scrivere. Per la Plath scrivere era passione ed esigenza ma la sua situazione mentale, la sua depressione, erano nemici del suo processo creativo.
Infine, abbiamo Boston Rhodes il personaggio più complesso del romanzo.
n esso sembra celarsi la poetessa Anne Sexton. La Sexton e la Plath si incontrarono in un corso del poeta Robert Lowell. Da lì è nata la loro amicizia e, oltre la passione per la scrittura, le univa il sentirsi soffocare dal sogno americano che pretendeva che la donna fosse l’angelo perfetto della casa (bella, curata, mamma e moglie devota, con sorriso sempre in faccia, colta ma che non doveva avere aspirazioni e ambizioni oltre al suo essere donna-madre-moglie). A legare le due poetesse è, soprattutto, la loro fragilità: la Sexton, infatti, soffriva di un disturbo mentale. Ma, personalmente, nella Boston Rhodes, io scorgo anche un pizzico di Assia Wevill. Boston è folle, ambiziosa, tenace, spesso senza scrupoli, alle volte crudele ed è in competizione con la sua collega Sylvia.
La campana di vetro. È chiaro che il romanzo della Plath aleggia fin dall’inizio della lettura del libro di Kravetz.
Ho sempre pensato che chiamarlo romanzo di formazione fosse riduttivo: esso inizia come un Chick lit per poi esplodere in un romanzo introspettivo per concludersi nella formazione (se così si può definire), ci sono attimi pirandelliani dove l’essere e l’apparire non riescono a coesistere e quindi arriva la corda pazza, ma attimi alla Beckett e all’assurdo (il rumore del passeggino dove c’è il bambino che viene cullato dalla vicina di casa sembra essere reale e ti rimbomba in testa; la parte in cui Ester perde la verginità è assurda e simbolica). E poi la critica alla società del periodo e quella alle terapie elettroconvulsivante.
Lee Kravetz affida a questo manoscritto un compito importante: il processo creativo dell’artista e il prodotto finito pronto per essere consumato, sono distinti e dissimili, in uno abbiamo l’anima cruda e senza veli dello scrittore, nell’altra solo quello che lo scrittore è disposto a manifestare.
Ted Hughes: non si può non parlare dell’amato Ted anche perché se ne parla tanto nel romanzo. Allora Ted era famosissimo, più della moglie e della Sexton messe insieme.
Dai documenti letti si nota l’anima narcisistica del poeta preso da sé stesso e dalla sua creatività; Sylvia, pur essendo talentuosa è sempre un passo indietro al grande poeta ammirato anche dalla regina Elisabetta II. Il Ted di questo romanzo è quasi simpatico, naturalmente è la star, il grande poeta. In una scena esilarante, Boston e il marito sono a cena dai coniugi Hughes, Sylvia è una perfetta padrona di casa, Ted è cordiale e di compagnia, le stanze sono piene di foto dei coniugi Heghes insieme a personaggi illustri.
Sembrano due vip contemporanei che vantano la loro vita da sogno. Sappiamo come era la vera vita della coppia, del rapporto burrascoso, delle insoddisfazioni di Sylvia e dei tradimenti di Ted. Il narcisismo di Ted lo ha rovinato.
Ha trascorso il resto della vita a espletare le sue colpe curando gli scritti della moglie. Ted per far tacere i benpensanti allontanò l’amante e ignorò spesso la figlia Shura (nata dalla relazione con Assia Wevill); doveva essere il marito devoto di un fantasma. Il suo narcisismo gli fa ottenere, alla fine, dolore e morte: due delle sue donne si tolgono la vita (Sylvia e Assia), insieme a Assia muore la figlia Shura e anche il figlio di Sylvia, una volta adulto, soffrendo di depressione come la madre, si uccise. Oggi Hughes è il poeta-marito della grande poetessa Sylvia.
La poesia è una gara tra la logica
e il suono, una guerra in cui si
scontrano il significato e lo stato
onirico. Per vincere,
uno deve eliminare l’altro.
BOSTON RHODES, ultima lettera a Robert Lowell, 1963
Rivalità: aleggia per tutto il romanzo sotto il nome di Boston Rhodes.
Mi sconvolge come una persona possa provare a fare del male a qualcuno solo per il piacere di primeggiare. Parafrasando una frase letta tempo fa, chi brilla di luce propria non ha bisogno di puntare il dito contro gli altri.
Eppure, Boston difende a spada tratta il suo comportamento, ammettendo che, nel passato, opere d’arte imponenti, non sarebbero esistite se non ci fosse stata la competizione.
La competizione può essere qualcosa di positivo per poter dare di più, ma spesso diventa malattia e, Boston, ne è l’esempio lampante. Sicuramente c’è stata rivalità tra la Sexton e la Plath, erano due poetesse, entrambe facevano parte di un corso importante, si confrontavano e, magari, ogni tanto provavano una sana invidia per i successi dell’altra. Anche Assia cercò di scrivere e aveva velleità poetiche, soffriva e affermava che non sarebbe mai stata all’altezza di Sylvia.
Suicidio: non voglio dilungarmi su questo tema, filosofi, religiosi e scienziati in tutti i secoli ne hanno parlato tantissimo.
Sylvia si uccide o, meglio, riesce a uccidersi la seconda volta, ma molti credono che sia stato un incidente: voleva solo attirare l’attenzione, era un grido d’aiuto. Preparò la colazione ai suoi bambini e scrisse un biglietto con il numero di telefono del suo medico. Assia Wevill, utilizza lo stesso metodo ma decide di portare con sé la bambina. Boston cercherà di uccidersi (nello stesso modo in cui è morta la Sexton) ma verrà salvata da sua figlia. Ci sono varie teorie sul suicidio: chi lo considera un atto coraggioso, altri una vigliaccheria e chi solo egoismo. Le nonne affermavano che la mente è un filo di capelli. La saggezza antica ci viene sempre in aiuto.
Mi indigna solo il fatto che abbia raggiunto per prima questo status apocrifo! Il mio destino, a quanto pare, è quello di rincorrerla in eterno. La nostra cara, vecchia Sylvia, come vede, ha giocato bene la sua ultima mossa.
Ma anch’io ho un’ultima mossa da giocare.” Boston Rhodes.
Titolo: Le ultime confessioni di Sylvia P.
Autore: Lee Kravetz
Editore: Fazi
Genere: Mistery Letterario
Traduttore: Stefano Tummolini
Autore
Lee Kravetz
Scrittore americano, è autore di programmi televisivi e firma di diverse testate giornalistiche, tra cui «The New York Times». Dopo due opere di non-fiction, Le ultime confessioni di Sylvia P. è il suo romanzo d’esordio. Vive nella zona della Baia di San Francisco con la moglie e due figli.