Sinossi
In questo libro incantevole, frutto di lunghe conversazioni e di un’appassionata
immersione nei ricordi di tutta una vita, il regista Jean Renoir è riuscito a raccontare, con lo stile
rapido e ironico e insieme con la delicatezza che saranno poi la cifra del cinema di Truffaut, la
storia di suo padre, fissandone per sempre, come solo un grande pittore avrebbe saputo fare, i
gesti e i pensieri più quotidiani e segreti.
Ma chi era veramente Pierre-Auguste Renoir?
Quell’uomo semplice, sbrigativo, che nell’aspetto «aveva qualcosa di un vecchio arabo e molto
di un contadino francese», che non poteva fare niente che non gli piacesse, che odiava sopra
ogni cosa il progresso e aveva per la donna un culto incondizionato, restava per suo figlio un
mistero. Un mistero appassionante che queste pagine non cercano di svelare ma solo di
commentare: «Potrei scrivere dieci, cento libri sul mistero Renoir e non riuscirei a venirne a
capo».
Recensione
Ho sempre amato Renoir. Quando ero piccola mio nonno e mio zio ci portarono da Parigi un libro in francese delle opere di questo artista e ricordo chiaramente la fascinazione che ho immediatamente provato nei suoi confronti. Anche se allora non avrei saputo spiegarlo, ciò che mi attraeva nei suoi dipinti era la gioia di vivere che si sprigionava da essi. Immaginate la mia felicità nello scoprire in questo libro che la sua vita è stata la trasposizione plastica di ciò che avevo intuito all’interno dei suoi quadri: una suprema vitalità, un amore per la vita, per gli esseri umani, per l’ambiente così sconfinato da essere perfettamente leggibile dall’intuizione di
una bambina.
Il Renoir che viene descritto nel libro è visto attraverso gli occhi del figlio Jean, un giovane uomo poco più che ventenne che si trova a scoprire, attraverso lunghe conversazioni avvenute con il genitore, non solo la vita del padre, ma la grandezza dell’artista, il peso che questo pittore impressionista ha avuto sull’arte mondiale.
Lo sguardo affettuoso di Jean contribuisce a farci amare non soltanto il padre, ma anche il resto della famiglia Renoir, un amalgama dei caratteri più disparati, ma accomunati dal grande amore e rispetto che gli uni avevano verso gli altri.
Leggiamo della famiglia Renoir e percepiamo la grazia della loro esistenza, di chi non si chiude in se stesso ma accoglie nella propria vita i membri più disparati della società, e contribuisce a far sentire tutti una grande famiglia allargata.
Non che l’esistenza dei Renoir sia sempre stata semplice, ma è la loro attitudine alla vita che ti porta ad ammirarli, e a provare affetto per loro. Quando Jean parla del padre afferma che l’aldilà lo interessava poco.
«Dopo, vedremo. Quando sarò morto forse avrò la possibilità di gioire della morte. Intanto, in qualità di vivo, mi accontento di godermi la vita».
In un altro punto del libro, Renoir, mio padre, Jean descrive fisicamente Pierre-Auguste Renoir:
«Quanto all'espressione del suo sguardo, immaginatevi un misto di ironia e tenerezza, di scherzo e di
voluttà. Sembrava che i suoi occhi ridessero sempre, che scorgessero anzitutto il lato divertente delle cose; ma era un sorriso affettuoso, buono. O forse si trattava di una maschera; infatti era estremamente pudico e non voleva che il prossimo si accorgesse dell'emozione, simile a quella che altri uomini provano nel toccare o nell'accarezzare, che lo assaliva al solo guardare i fiori, le donne o le nuvole in cielo».
Renoir è uno dei principali esponenti dell’Impressionismo, movimento che si proponeva di fissare su tela le percezioni dirette che i pittori avevano quando si trovavano di fronte al loro soggetto, senza spiegazioni o intermediazioni di sorta. Come affermava Monet, si doveva “captare la luce per gettarla direttamente sulla tela”.
Gli Impressionisti cercavano di arrivare all’essenza del soggetto, che si trattasse di una donna, di un albero o di un mazzo di fiori, e di farlo eliminando qualunque effetto sentimentale, accenno storico o tradizione artistica ormai desueta per quel tipo di pittura.
Lo scopo di Renoir era quello di andare oltre le semplici apparenze di ciò che dipingeva per visualizzarne la vera essenza.
Quindi quando si parla di Impressionismo, almeno per quanto riguarda Renoir, non si sta parlando semplicemente di un tipo di pittura che cercava di afferrare l’attimo e di fissarlo sul quadro, ma di arrivare a cogliere il carattere generale del soggetto.
Come spiega Jean: « Il compito dell’artista non è di valorizzare un istante dell’anima umana, ma
di portare il pubblico alla comprensione dell’uomo nella sua totalità».
Questa ricerca della rivelazione in cui la materia e lo spirito si ricongiungevano è andata avanti per tutta la vita, a quanto pare fino al suo ultimo respiro. Renoir non ha fatto passare giorno senza aver dipinto almeno un fiore, anche quando l’artrite lo ha colpito pesantemente nel corpo. La perseveranza e la consapevolezza di sè lo hanno sempre tenuto focalizzato su ciò che considerava la sua missione di vita, dipingere, e ciò ha permesso all’umanità che è venuta dopo di lui di poter godere della sua pittura.
“Renoir, mio padre” è un ritratto brillante, sbarazzino e acuto della vita e delle idee di uno dei pittori più importanti della scena artistica mondiale tra l’ultima metà dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento.
Il testo è formato da una miriade di frammenti di vita, di consigli pratici, di idee scaturite dal racconto orale di un uomo che si svela al figlio alla fine della sua esistenza. Jean ha avuto la capacità di catapultarci con il cuore nel vissuto della sua famiglia, nel racconto degli albori dell’Impressionismo, nel turbinio della vita di chi frequentava Renoir, facendoci sentire vive e reali le persone che menziona; il testo risulta coerente anche se non tutte le parti sono perfettamente in ordine cronologico.
Il risultato è l’affresco affettuoso di un mondo ormai scomparso ma che ci risulta tanto più vero e caro man mano che andiamo avanti con la lettura.
Il Renoir descritto nel libro è un uomo in carne e ossa, un padre affettuoso e un artista ricercato, un uomo con un sacco di idee nonostante detesti gli intellettuali, pieno di umane contraddizioni, buffo, critico e pungente.
Non si risentano le donne quando professa idee che oggi ci risultano antiquate e abbastanza maschiliste; bisogna essere in grado di capire il contesto storico in cui le persone sono vissute e soprattutto le contraddizioni che animano Renoir, un uomo che senza ombra di dubbio ha amato sopra ogni cosa il genere femminile e lo ha mostrato al mondo in tutta la sua bellezza.
Titolo: “Renoir, mio padre”
Autore: Jean Renoir
Editore: Adelphi
Genere: biografia, storia dell’arte
Traduttore: Roberto Ortolani
Autore

Jean Renoir (Parigi, 15 settembre 1894 – Beverly Hills, 12 febbraio 1979), regista
francese di culto, produttore e autore di grande sensibilità artistica, è considerato anticipatore
del cinema della Nouvelle Vague e ispiratore della corrente del neorealismo italiano.
Nel 1975 ha vinto l’Oscar alla carriera.
Tra i suoi film più rappresentativi: La grande illusione, La regola del gioco, La cagna, Boudu salvato dalle acque, Una gita in campagna, La Marsigliese, Nanà, L’angelo del male, L’uomo del Sud, Il fiume, La carrozza d’oro, French Cancan.