La seminatrice di coraggio: Le eroine dimenticate della Grande Guerra
Sinossi
Sicilia, 1914. Maria Roccaforte, giovane maestra, lascia il suo paese sul mare di Ragusa per sposare Pietro, un ricco proprietario terriero del borgo di Bonaventura, sui Monti Iblei. Quando Pietro parte per la Grande Guerra, Maria resta sola a gestire la casa e i campi. Le contadine, che lavorano la terra per sostituire gli uomini chiamati al fronte, non si fidano di lei, “donna di città”, e la situazione del borgo peggiora con l’aumentare delle confische dei raccolti da parte dello Stato e delle estorsioni dei briganti.
A Palermo, Maria conosce Sofia Bisi Albini, la fondatrice della Federazione nazionale delle Seminatrici di coraggio, che portano notizie dal fronte alla popolazione più povera e analfabeta e, come “madrine di guerra”, inviano lettere di consolazione ai soldati.
Diventata seminatrice, Maria inizia una fitta corrispondenza con il soldato Marcello Elia, che le scrive lettere disperate e struggenti dal fronte del fiume Isonzo.
Quando Pietro viene dato per disperso, Maria sente più che mai il dovere di proteggere le donne di Bonaventura. Ma dopo aver conquistato la loro fiducia, riuscirà a convincerle a unirsi al movimento di protesta nazionale per rivendicare il loro contributo durante il conflitto? E al termine di quella orribile guerra, riuscirà a vedere gli occhi di Marcello, l’uomo che ha conosciuto soltanto attraverso le sue lettere appassionate?
In questo romanzo intenso, l’autrice descrive una Sicilia incantevole e ferita, dove le donne hanno finalmente compreso l’importanza di lottare, unite, in nome dei diritti e della libertà.
Recensione
Prima di addentrarci nei passaggi cruciali de La seminatrice di coraggio, trovo doveroso – da buona siciliana – fare una premessa.
Spesso, nell’immaginario collettivo, la Sicilia è percepita come un blocco compatto, uniforme, immobile nel tempo. Ma la realtà è ben diversa: la Sicilia è un mosaico cangiante di colori, climi, paesaggi e culture. È un’isola in cui convivono spiagge assolate e montagne innevate, scogliere selvagge e pianure generose.
Le numerose dominazioni che l’hanno attraversata nei secoli hanno lasciato segni profondi, visibili tanto nei tratti somatici della sua gente quanto nella lingua, nell’architettura, nella cultura.
Ma forse ciò che più distingue la Sicilia è la netta differenza tra costa ed entroterra. Il litorale è un susseguirsi di borghi marinari, cittadine barocche e metropoli pulsanti. Porti grandi e piccoli si affacciano su spiagge bianchissime, come nel Trapanese, o nere di pietra vulcanica, come a Catania. L’entroterra, invece, può essere rovente, con terre rossastre o scure per via della lava, a tratti fertili e generose di frutti dolcissimi, a tratti impervie e abbandonate, come quelle dei paesi fantasma sui Monti Peloritani, un tempo abitati da contadini poi fuggiti, incapaci di trovare lì una vita possibile.
A livello culturale ci sono notevoli differenze. Nelle città di mare c’è un modo di vivere diverso: sarà la libertà data dal mare, sarà la ricchezza di certi posti, e le donne, nelle città principali (Catania, Palermo, Messina) ma anche in alcune nei piccoli borghi, hanno avuto la possibilità di vivere l’indipendenza prima e in maniera diversa delle donne dell’entroterra, chine sui campi, chiuse in questi piccoli paesi lontani l’uno dell’altro e separate da distese di campagne, colline o rocce. Alle volte questi paesini erano così piccoli e i loro abitanti abituati a una vita così dura, che la parola scuola era sinonimo di lusso.
In questo contesto si comprende chiaramente il senso di smarrimento della protagonista de La seminatrice di coraggio, Maria Roccaforte.
Nata a Marinella (l’attuale Marina di Ragusa), cresciuta in una famiglia nobile e istruita, Maria era maestra nel suo paese. Per amore sposa Pietro Bonaventura e, sempre per amore, accetta di trasferirsi con lui sui monti Iblei. Ma ciò che trova là è un mondo lontanissimo dal suo: l’unico ad avere un minimo di istruzione è proprio il marito, mentre gli operai della tenuta Bonaventura faticano persino a scrivere il proprio nome. La scuola è vista come un lusso inutile, un’idea estranea, quasi offensiva.
Questo spaesamento si acuisce quando Maria scopre una realtà ancora più dura e inaccettabile: la tratta dei bambini destinati alle miniere. Una scoperta che incrinerà profondamente il suo rapporto con Pietro e segnerà una svolta nella sua coscienza.
Già dalle prime pagine de La seminatrice di coraggio si respira la profonda lettura dell’autrice per due grandi autori italiani Pirandello e Verga: la differenza tra uomini e donne, donne di ceto sociale superiore che amano la lettura e vogliono cambiare il mondo, i bambini nelle miniere, la povertà, l’ignoranza, il “salvare la facciata”.
Può una ragazza che ha vissuto con libertà l’infanzia e l’adolescenza, che ha deciso di diventare maestra per dare un futuro ai bambini meno fortunati, come i figli dei pescatori, vivere come un trofeo?
Sembra che per Pietro Maria sia proprio questo: la bella ragazza raffinata, di buona famiglia, abituata a bere champagne, che ha scelto lui, perché maschio alfa e affascinante e, per seguire questo amore, ha abbandonato tutto. Pietro non è un cattivo, è la mentalità con cui è cresciuto a farlo agire in quel modo zotico: la donna a casa, non deve faticare (si sarebbe sposato una del luogo, altrimenti!) sempre elegante e silenziosa. Lei degli affari della tenuta non si deve occupare e deve stare zitta!
Pietro è il personaggio meglio riuscito del romanzo perché pieno di contraddizioni: amore, rispetto, inganno, violenza. Ama Maria ma le mente, perché ha paura che ella comprenda di cosa sia capace. Ama la sua gente ma deve sottostare ai voleri del suo amico Vito Scardaccia. Vito rappresenta il male della nostra terra, colui che con arroganza e prepotenza rende la vita delle persone oneste difficili, che soccombono perché non hanno alternativa. Pietro non è libero!
L’epicentro temporale attorno cui ruota la storia è la Prima Guerra Mondiale. Se ci pensate bene della Grande Guerra si parla poco o, almeno, meno del secondo conflitto, perché più vicino o perché comunque ci ha segnati di più.
La scrittrice parla della guerra soprattutto attraverso chi è rimasto in città o nei piccoli borghi, e quindi delle donne. Ecco che qui si fanno strada le famose Seminatrici di coraggio.
Ma chi erano queste donne?
Donne alle volte di cultura, ricche, ma anche povere, tutte indistintamente coraggiose, pronte a combattere quella parte della guerra silenziosa. La guerra non si combatte solo al fronte, la guerra è anche lontana dai luoghi di battaglia, la riesci a vedere attraverso la povertà, il cibo che scarseggia, bambini che non sanno ancora di essere orfani, madri che hanno appena appreso di aver perso un figlio, donne che cercano qualcuno che legga loro quella missiva in cui vi è scritto che il marito è morto.
Le seminatrici di coraggio prendono in mano la società organizzando, lavorando, cercando di dare un’educazione e, spesso, diventando “madrine di coraggio” di uomini al fronte che, attraverso le lettere sfogano le loro paure e cercano speranza e conforto.
Maria diventa una di loro e, mentre Pietro è al fronte, inizia un rapporto epistolare con uno dei soldati.
Questo scambio di lettere ci riporta alla condizione psicologica di molti uomini durante la Grande Guerra, segnati da insonnia, rifiuto del combattimento e traumi profondi, come lo Shell Shock. Scrivere a qualcuno, anche a una sconosciuta, diventava spesso l’unico modo per dare voce al dolore, per sentirsi ancora umani, vivi, ascoltati.
Maria deve anche lavorare per le terre dei Bonaventura, oltre che per le sue terre, mentre il marito è assente, e fronteggiare l’arroganza di don Vito. All’inizio lo farà con ingenuità, non comprendendo il vero pericolo che rappresenta quell’uomo.
A una lettura superficiale Maria può sembra un personaggio quasi idealizzato: è bella, intelligente, colta, di buona famiglia e fa sempre tutto cercando di trattenere la rabbia con un sorriso che nasconde tutte le sue angosce. La perfezione spesso stanca. Ma analizzando meglio il personaggio comprendiamo che l’autrice ha dato voce, attraverso Maria Bonaventura, a tutte le donne che con coraggio e ingoiando bocconi amari, hanno lottato per rendere la vita di chi gli stava vicino migliore, iniziando proprio dai bambini.
Accanto alla figura della seminatrice di coraggio, Giuffrè introduce un’altra presenza femminile di grande rilievo nella storia della Prima Guerra Mondiale, recentemente tornata alla luce anche in alcuni romanzi: quella delle portatrici carniche.
Erano donne straordinarie che, con le loro gerle colme di viveri, acqua e persino armi, affrontavano a piedi i sentieri impervi della Carnia, sfidando il gelo e il pericolo pur di rifornire i soldati al fronte. Silenziose e coraggiose, hanno scritto una pagina fondamentale – e troppo spesso dimenticata – della nostra memoria collettiva.
Attraverso le parole della Giuffrè ci immergiamo in una Sicilia sfaccettata, viva, profondamente umana. C’è la Sicilia luminosa e marina del Ragusano, con le sue spiagge dorate, il profumo del pesce appena pescato e la quiete dei borghi costieri. C’è poi Palermo, vibrante e operosa, con la sua frenesia da inizio Novecento e le donne instancabili, impegnate nel sostenere chi ha bisogno. E infine ci sono le montagne: calde e riarse d’estate, fredde e taglienti d’inverno, isolate ma ricche di colori, sapori e silenzi che parlano alla memoria.
La scrittura di questo romanzo è evocativa e sembra di trovarsi tra i monti, tra gli alberi e quei ruscelli.
La seminatrice di coraggio è un romanzo per chi è alla ricerca di buoni sentimenti, per chi crede che l’istruzione sia la più grande arma per liberarci e migliorare le condizioni di un popolo, per chi ama i romanzi storici e descrittivi e per chi è alla ricerca del lieto fine.
TITOLO: La seminatrice di coraggio
AUTRICE: Antonella Desirèe Giuffrè
EDITORE: Tre60
GENERE: Storico
AUTRICE

Antonella Desirèe Giuffrè è nata a La Spezia, ma vive sulla costa ionica della Sicilia. Appassionata di Storia, si dedica alla scrittura a tempo pieno. Ha frequentato il Master in Tecniche della Narrazione alla Scuola Holden di Torino.