Lo sbilico di Alcide Pierantozzi - ilRecensore.it
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Lo sbilico di Alcide Pierantozzi

Lo sbilico, quel precario equilibrio tra mente e psicosi

Alcide ha quarant’anni, a volte dorme ancora con sua madre, prende sette pasticche al giorno (cinque la mattina e due dopo cena), ed è considerato «un paziente lucido, vigile, collaborativo, dall’eloquio fluido». È un essere umano «difettoso» tra i tanti, ma i suoi difetti stanno tutti dentro quattro pagine di diagnosi controfirmate da uno dei più famosi psichiatri italiani: «disturbo bipolare», «spettro dell’autismo», «dissociazione dell’io», «antipsicotici», «pensieri di mancata autoconservazione»… Dal suo esilio in una cittadina dell’Abruzzo, dove ogni cosa sembra da sempre uguale a sé stessa, Alcide ci racconta il tempo melmoso delle sue giornate. Le ore in spiaggia, o a sfinirsi in palestra, dove va per riguadagnare in muscoli quello che ha perso in lucidità mentale. 

Soprattutto ci racconta – con tutta la chimica che ha in testa – cosa accade quando l’equilibrio psichico s’incrina: l’innesco della paranoia, la percezione che si sdoppia, il modo in cui il tempo fermo di un’attesa non è mai davvero fermo, perché è lì che arrivano i pensieri.

Nel suo resoconto si alternano momenti di un “prima” a Milano, la città che da sola sembrava poterlo tenere in vita, e di un “prima ancora”, un’infanzia in cui tutto faceva già troppo male ma a salvarlo c’erano la nonna, la bicicletta, tutto uno zoo di animaletti di campagna. Nel presente, invece, c’è la vita con sua madre, che è insieme origine, scandaglio e unico argine possibile delle sue psicosi. E poi c’è l’ossessione per le parole: la ricerca quotidiana in biblioteca, nei dizionari, nei libri, dei termini esatti, che sappiano ridurre l’irriducibile, nominare l’innominabile. 

Questa è la storia di uno sperdimento, una storia che possiede il dono e la condanna di saper parlare davvero a chiunque. A chiunque, almeno una volta, non si sia riconosciuto nel proprio riflesso allo specchio; a chiunque abbia sentito la realtà passargli accanto come un vento laterale; a chiunque abbia messo in dubbio la fondatezza dei propri pensieri e dei propri desideri. Sono pagine brucianti, che Alcide Pierantozzi ha scritto come se il suo corpo fosse un sismografo, registrando il disagio psichico nella sua forma più pura, descrivendo la violenza – poetica e brutale – di una mente smarrita che cerca di trovare una stabilità impossibile, ma che sempre, sempre, prova a salvarsi.

Alcide Pierantozzi ci consegna una storia che in ogni suo dettaglio è un piccolo mondo parte di una galassia, che a sua volta è parte di quell’immenso universo che è la realtà mentale.

Ne Lo sbilico, edito da Einaudi, Alcide racconta la sua propria esperienza come paziente e come figlio, come essere umano calato in una realtà che non risponde esattamente come ci si spetterebbe che facesse. Sono pagine forti, potenti fin dall’inizio.

La memoria richiama eventi passati, la ricerca conduce fino alla battigia di un luogo che rimarrà avvolto nell’oscurità in eterno. Si tratta di esistenza vera, pura, che nessuno può indagare con certezza. Nonostante questo, la ragione ci prova: «Forse solo all’inizio sono stato investito da una grande tristezza cosmica, ma ero troppo piccolo per potermene ricordare».

Alcide indaga e scopre che sì, la malattia è mentale, ma riguarda il corpo, un corpo che non passa inosservato con i suoi cento chili per un metro e novantadue. Eppure: «il peso della mia disabilità psichica eccede di molto quello del corpo». 

Si ritrovano a convivere in un solo spazio il disagio psichico (bipolarismo, allucinazioni visive) e lo spettro dell’autismo (Asperger), tutto questo in una realtà che se ne frega di chi ha davanti e che non risparmia nessuno. Alcide combatte, lo fa (perché deve farlo!) anche attraverso i medicinali che è costretto a prendere per gestire le “ragioni” della propria psiche. 

Non è per niente facile recensire una storia così grande che ci è stata donata. Perché è un dono vero questo fatto dall’autore, un dono che possiamo solo ascoltare e fare nostro, portare sempre con noi per non smettere di riflettere.

L’attenzione riposta in ogni minimo dettaglio, senza alcuna vergogna e senza limiti, è resa e accompagnata dalla profondità di molte domande. Ricerco e rileggo questioni tipo: «Questi miei pensieri onniavvolgenti, che sede avranno dopo la mia morte? Chi cercavano? Di chi erano? Forse l’inganno sarà stato credere di avere avuto un cervello malmesso da cui le immagini scaturivano distorte, quando invece sono stati i miei pensieri a inventarsi il mio corpo, il mio cervello».

La ricerca delle parole, l’uso di molte espressioni poco comuni, rendono la lettura affascinante e ancora più coinvolgente. 

C’è un vita lunga quarant’anni tra queste pagine, una vita che vede portarsi sulle spalle il peso di un lutto che a fatica trova pace; una vita che non ne ha mai abbastanza di inserire ostacoli, rallentamenti. Una vita che non si trova solo ad affrontare il presente e il futuro, ma che deve anche fare i conti con un passato (come ogni vita, certo) assediato da continui pensieri che arrivano come corvi neri. È un pensare diverso, un pensare che non lascia via di scampo quando inizia il suo volo.

Un pensare che fa davvero i conti col vivere minuto per minuto in un equilibrio precario e rovinoso.

Ma che forza, Alcide. Che forza che ci vuole a guardarsi e a dare voce alla propria voragine interiore che non vuole altro che divorarci, in eterno se potesse, fintanto che abbiamo un minimo di forza da opporle contro. 

Alcide Pierantozzi - Lo sbilico - ilRecensore.it

Alcide Pierantozzi è nato a San Benedetto del Tronto nel 1985 e vive a Milano. Ha pubblicato i romanzi Uno in diviso (Hacca 2006), L’uomo e il suo amore (Rizzoli 2008), Ivan il terribile (Rizzoli 2012) e L’inconveniente dell’essere amati (Bompiani 2020). Collabora con “Rolling Stone”.

Autore

  • Luca de Vincentiis

    Sono Luca de Vincentiis, con la “d” minuscola (perché secondo il nonno paterno s’ha da scrivere così) e due sono le benedette “ii” alla fine del cognome. Nato a Sanremo, città dei fiori, della musica, di mare e dal meraviglioso clima. Sono felicemente libraio e genitore di quattro libri di poesia: “Alla ricerca degli istanti perduti”, Gruppo Albatros Il Filo, 2021; “Amore e discordia”, L’Erudita, 2022; “Fiori da ponente”, Ed. Ensemble, 2024, “Ciò che tu già non sai, ciò che tu non mi comandi di dirti” Ed. Ensemble 2025.  Faccio parte di un collettivo di poesia che si chiama Il Vivaio del Verso e mi piacciono la fotografia, la pizza, la pasta col tonno, il vino rosso (non meno di 14 gradi) e la birra rossa. Mi piacciono anche altre cose. Sono Sagittario: ometto ma non mento.

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