Babies
Sinossi
Luigi Pavone racconta la storia di Peacock nel libro che avete tra le mani. Poi, un giorno, decide di uscire di scena. “La canzone dell’estate è “American Boy”, e io mi sento proprio come un ragazzo che si smonta e si rimonta e resta sempre in piedi.”
Questa è una storia disperata e di speranza. Protagonista è il giovane Peacock, che nasce durante una fitta nevicata alla vigilia della partita più importante per la squadra della sua città: Campobasso-Juve, 1 a 0. E no, non è di Torino.
È un ragazzo cresciuto in provincia nella seconda metà dei ’90. Mummy and Daddy rimbrottano lui e il fratello Gregory, intanto alla tele ci sono i Gallagher che cantano Don’t Look Back in Anger e il videoclip di Coffee & TV dei Blur, con il cartone del latte che si perde nella metropoli. Ci sono gli amori che cominciano e quelli che sfioriscono, e ci sono gli amici che saranno amici per sempre, pure quando la musica sarà finita.
Perché questa è anche la storia di Luigi Pavone, che allontana i pensieri bui con il sogno di diventare uno scrittore. E allora racconta del giovane Peacock, fino a confondersi con il personaggio, fino a smarrirsi nei meandri delle sue stesse pagine, con una scrittura densa, abbagliante e rock’n’roll, capace di far ondeggiare il lettore come sotto al palco di un concerto.
Ma si tratta anche di una scrittura spiazzante, che nel continuo passare da Luigi a Peacock, da Peacock a Luigi, raffigura un duello esistenziale sofisticato e profondo. Quando la matassa emotiva dell’autore s’ingarbuglia, infatti, le frasi diventano frammenti e la punteggiatura si dissolve fino a svanire, forse perché, nel dolore, persino lo spazio per prendere fiato viene a mancare.
Recensione
Rivoluzionario nel sentimento, ribelle nel linguaggio. Ma rivoluzione e ribellione nascondono, proteggono, un mondo fragile e invisibile. Il luogo è quello della memoria.
Peacock è Luigi, Luigi è Peacock e Babies è una storia raccontata in maniera lucida e allucinante.
È difficile scollarsi dagli avvenimenti, decidere di continuare fino a fine capitolo e poi posarlo un attimo, per riprenderlo più tardi. La scrittura di Luigi Pavone è fuori da ogni regola che non sia la propria. È del tipo:
«se vi fa ridere un ragazzo gonfio come un canotto fermo nella corsia d’emergenza della vita, girate i tacchi e vaffanculo. Se volete proseguire la storia, mettetevi comodi».
Tra le righe si viene invitati ad ascoltare una tracklist che accompagna il giovane Peacock per tutto il suo racconto e la sua crescita: si inizia dalla sua nascita, si prosegue per le scuole medie, gli anni del liceo e poi dell’università.
Don’t look back in anger (Oasis), Coffe & TV (Blur), All these things that i’ve done (Killers) solo per citarne alcune (a fine libro troviamo una tracklist suggerita proprio da Luigi Pavone).
C’è poi lo sport, l’amata Sampdoria, il calcio e il tennis praticato; ci sono i film che hanno fatto un po’ una generazione, tipo Fight Club, Trainspotting. E sono gli anni del liceo quelli in cui in Peacock comincia a muoversi qualcosa:
«Ero veramente un groviglio di pensieri, un enigma per me stesso: “Chi sono io? A che cazzo servo?”».
È la memoria che si ripercorre e si racconta nel tentativo di trovare una risposta alle solite domande “chi sono io? A che cazzo servo?”.
E “solite domande” non sta a banalizzare il fatto. Il fatto non è possibile banalizzarlo veramente. Tutto scorre, tutto procede nell’invisibile lavorio interiore che costantemente ci porta a fare delle scelte e non ci distoglie dal pianificare la vita e desiderarne la continua realizzazione.
Ma poi arriva un punto, un punto che diventa preciso solo a posteriori.
Peacock racconta di forti bruciori, di dolori alla schiena. Dimagrisce, diventa pelle e ossa. Il male, il dolore, la sofferenza, non sempre la realtà si manifesta in una maniera tale che si possa definire tale, che si possa dire questo tuo malessere è proprio questa cosa qua. Un certo soffrire può essere silenzioso e manifestarsi diversamente. Ridere e sorridere, per esempio. Poi a volte è un po’ più chiaro, ma arriva sempre dopo:
«Nei mesi che precedono l’intervento mi isolo, sono particolarmente aggressivo, sto vivendo a mia insaputa la prima acutissima fase maniacale.
È difficile descrivere una fase maniacale, proviamoci.
Il cielo si increspa, sembra quasi voglia scoppiare, qualcuno ti insegue dall’alto e allora corri, che cazzo devi fare!!!».
E allora corri. T’immagini di scappare da qualcosa che t’insegue da dentro.
A volte manca proprio il respiro, ti senti soffocare, ma è solo una sensazione. Questo invisibile continuo correre che lo rende talmente reale da credere di aver bisogno di fermarsi e di prendere respiro.
Babies sono poche ma ricche pagine. Sono pagine divertenti, piene di episodi esilaranti e di momenti di tenerezza. Una storia disperata e di speranza. Una storia che suggerisce un completo e dedito ascolto.
Autore
Luigi Pavone, classe 1895, è nato e cresciuto in uno dei tanti paesi della provincia italiana. Una provincia molto più ristretta del suo intenso modo di vivere e raccontare.
Si è ucciso nel 2019 a 34 anni, due giorni dopo aver messo mano per l’ultima volta al suo libro, Babies, ritrovato poi sul Pc dalla sua migliore amica.