La scritta sull’acqua
SINOSSI
Julia Malmros è una scrittrice molto nota, i suoi gialli vendono centinaia di migliaia di copie e i lettori la amano incondizionatamente. Per una ex poliziotta che ha preso in mano la penna al posto del manganello è già uno splendido risultato. Ma quando le viene offerta l’occasione per fare il grande salto, quello che porta alla fama vera, Julia decide di non farsela scappare: l’editore di Millennium vuole affidarle il nuovo episodio della celebre saga e lei, lusingata, accetta.
Viste le sue limitate competenze informatiche, fondamentali per costruire una storia intorno al personaggio di Lisbeth Salander, le viene affiancato Kim Ribbing, un hacker dal passato enigmatico e dall’aspetto che disorienta. Insieme formano una coppia disarmonica, ma l’attrazione tra loro è irresistibile. Le cose con l’editore non vanno, però, come Julia immaginava.
Ferita, la scrittrice di grido decide di sparire per un po’ e si ritira nella sua casetta su un’isola al largo di Stoccolma. Il giorno di mezza estate Kim la raggiunge, ma il loro brindisi al tramonto viene interrotto dai colpi di un’arma automatica sparati in una villa non lontana: arrivati sul posto, Julia e Kim trovano il padrone di casa e i suoi ospiti massacrati.
Ha inizio così la loro indagine personale, parola d’ordine: follow the money.
Dall’arcipelago, i soldi portano a Shanghai e da lì sulle spiagge cubane, per fare poi ritorno in Europa, sulle piattaforme petrolifere norvegesi. Quello che si profila davanti agli occhi di Julia e Kim è un vero intrigo internazionale, dove avidi uomini d’affari e ciniche potenze straniere si spartiscono le risorse del pianeta.
RECENSIONE
Nel vasto universo narrativo scandinavo, la saga Millennium di Stieg Larsson ha lasciato un’impronta profonda. Ora, sembra che Lindqvist, stia dialogando con quell’eredità, strizzando l’occhio a Larsson, e, forse, appropriandosi di un’idea distintiva inserendola in un contesto narrativo con delle potenzialità.
C’è da chiedersi: Si tratta di un omaggio, una reinterpretazione o l’inizio di qualcosa di completamente nuovo che attinge da fondamenta ormai iconiche?
La scritta sull’acqua si presenta da subito come una spy story che promette un viaggio ad alta tensione, con la prerogativa di non annoiare il lettore.
È affascinante come un libro possa sovvertire le aspettative. Pur non nutrendo una particolare passione per le spy story al di fuori di nomi iconici come appunto S. Larsson e R. Ludlum (Jason Bourne, con una preferenza marcata per la sua incarnazione cinematografica, dettaglio non trascurabile), sono stata inaspettatamente catturata dalle sue pagine. La mia riserva verso gli stilemi più classici del genere – inseguimenti al limite del verosimile, spie dotate di abilità quasi superumane e arsenali fantascientifici – sottolinea un mio personale desiderio di maggiore concretezza e plausibilità narrativa.
Eppure, La scritta sull’acqua, pur non rinunciando a quei dettami imprescindibili che definiscono il genere, è riuscita a fare breccia. Questo suggerisce un’abilità rara da parte dell’autore nel maneggiare tali elementi con una sensibilità diversa, forse stemperandone l’eccesso con trama e personaggi sfaccettati e, non ultimo, un ritmo narrativo incalzante ma ben calibrato.
Nel romanzo c’è, infatti, una certa rielaborazione, a partire dalla figura centrale di Julia. L’ex poliziotta divenuta scrittrice non è un personaggio inedito nel panorama letterario ma la specifica connotazione di questa Julia – la possibilità di ereditare il prestigioso testimone della saga “Millennium” – introduce un elemento di novità. L’onore di tale offerta risuona importante, rendendo la sua mancata attuazione un punto focale. La “dea bendata” interviene in modo decisamente più drammatico, allontanando Julia dalle pagine del romanzo per catapultarla nella cruda realtà di una “sparatoria nel vero senso del termine”. La strage che coinvolge uomini d’affari, con la sottile ma significativa aggiunta dell’aggettivo “loschi”, suggerisce un rimando a possibili trame oscure preesistenti all’evento scatenante che, ovviamente, si verificheranno. Il coinvolgimento personale di Julia, attraverso la perdita di un amico tra le vittime, eleva la posta in gioco e fornisce una motivazione potente per il suo coinvolgimento nella vicenda.
Nonostante la sua natura intrinsecamente seria del romanzo, l’autore ha la capacità di alleggerire il tono attraverso inserti di leggerezza, sempre funzionali al contesto narrativo.
Un esempio, la figura del funzionario cinese di nome Bruce Li; un espediente che, pur suscitando un sorriso immediato per l’evidente omaggio all’icona cinematografica, rivela audacia da parte dell’autore e controllo della narrazione, evitando una inutile forzatura comica.
Ma arriviamo a ciò che non posso non chiedermi. E come me molti altri.
Milllennium…. un universo familiare e la sensazione di déjà vu si acuisce rapidamente con la presentazione dei protagonisti di casa Lindqvist, che paiono ricalcare fin troppo da vicino gli iconici personaggi di Larsson.
L’ombra di Lisbeth Salander si proietta nitidamente su Kim Ribbing. La sua descrizione come cracker esperto nell’aggirare i sistemi di sicurezza, unita ad un’infanzia segnata da gravi traumi, l’eredità di un ingente patrimonio, risuona in maniera inequivocabile con il profilo della celebre eroina di Larsson. Anche il suo entourage, l’”Hack Pack” di amici operanti nel cyberspazio, sembra un’eco del network di alleati che circondano Salander e Mikael Blomkvist.
Questa eco risuona con altrettanta forza anche nella figura di Julia Malmros. La sua trasformazione da ex poliziotta a scrittrice e il suo coinvolgimento nelle indagini, affiancata da Kim Ribbing, la pongono in chiara analogia con Mikael Blomkvist. Come il giornalista investigativo e fondatore di Millennium, Julia si trova a operare ai margini delle forze dell’ordine tradizionali. Una dinamica che, come sappiamo, è ampiamente collaudata.
L’esplicita menzione di Millennium innesca una riflessione critica sulla sua effettiva necessità narrativa.
Pur riconoscendo la validità dell’opera come spy story ben congegnata e stilisticamente efficace, l’interrogativo sul perché Lindqvist senta il bisogno di ancorarsi al successo planetario della saga di Larsson si fa importante. Il nodo della questione, a mio avviso, risiede nell’intenzionalità dell’autore.
Mi chiedo se tale citazione rappresenti un omaggio consapevole, una “strizzatina d’occhio” al lettore affine al genere thriller nordico, o se sottenda una qualche forma di debito narrativo.
La scritta sull’acqua si presenta come un romanzo autonomo, con una sua identità e dinamiche interne che, sulla carta, non dovrebbero necessitare di un riferimento esterno.
La qualità della scrittura di Lindqvist è innegabile, così come la sua capacità di costruire una trama avvincente. Il dubbio rimane: La scritta sull’acqua, pur nella sua indubbia validità, rischia di annegare in un panorama editoriale già saturo di spy story? In questo contesto, il richiamo a “Millennium” potrebbe configurarsi come un tentativo di emergere, di segnalare una parentela letteraria con un’opera che ha lasciato un segno indelebile.
A di là di questa ambivalenza interpretativa, La scritta sull’acqua possiede indubbiamente dei meriti caratterizzanti. Capitoli brevissimi, una scrittura veloce, dinamica, non ripetitiva e accattivante sono elementi fondamentali per coinvolgere il lettore.
Resta da vedere se, nel prosieguo perché è implicito nel finale, Lindqvist saprà affrancarsi da questo ingombrante modello, se queste analogie rappresentino un punto di partenza per una sua originale rielaborazione del genere, o se rimarranno un’eco fin troppo riconoscibile di un illustre predecessore.
Citando Kim Ribbing… “Voglio capire”
TITOLO: LA SCRITTA SULL’ACQUA
AUTORE: JOHN AJVIDE LINDQVIST
TRADUTTORI: Francesca Sophie Giona; Samanta K. Milton Knowles
EDITORE: MARSILIO
GENERE: Thriller
AUTORE

John Ajvide Lindqvist è considerato uno dei maggiori talenti della scena letteraria svedese. È cresciuto nel quartiere di Blackeberg, alla periferia di Stoccolma. Dopo aver fatto il mago e il comico, si è dedicato alla scrittura. Ha ricevuto il premio Selma Lagerlöf per aver saputo «unire a un magistrale ingegno narrativo il senso per le grandi forze dell’orrore e dell’immaginazione».
Tra i suoi romanzi, tradotti in oltre trenta paesi, ricordiamo Lasciami entrare (Marsilio 2006), bestseller internazionale, da cui sono stati tratti un film con la regia di Tomas Alfredson – distribuito in cinquanta paesi e premiato con sedici riconoscimenti, tra cui il Nordic Film Prize e il Best Narrative Feature al Tribeca Film Festival – e il remake hollywoodiano di Matt Reeves. L’altro posto, finalista al prestigioso premio letterario August Prize, è il sequel indipendente di Musica dalla spiaggia del paradiso (Marsilio 2015).
Tra gli altri titoli, L’ altro posto (Marsilio, 2018), La scritta sull’acqua (Marsilio, 2025).