Chiara Francini: “Non tutti nascono dove possono fiorire”

Una location d’eccezione e un pubblico partecipe hanno accolto Chiara Francini e il suo nuovo romanzo, Le querce non fanno limoni, nella suggestiva cornice della Marina di San Lorenzo.
A bordo dell’elegante trimarano ormeggiato di fronte all’Hotel Riviera dei Fiori, nell’ambito della rassegna letteraria “Due parole in riva al mare”, la critica d’arte Francesca Bogliolo ha guidato l’incontro, conducendo il pubblico alla scoperta dell’universo narrativo dell’autrice toscana.
La serata si è rivelata un’immersione profonda nel cuore tematico dell’opera, un viaggio tra memoria storica, sentimenti umani e identità femminile.
ilRecensore.it ha avuto l’onore di intervistare l’autrice poco prima dell’incontro, raccogliendo riflessioni intense e autentiche.
ilRecensore.it: Nell’esergo del romanzo si legge una dedica potente: “A chi resiste”. Alla domanda su chi, oggi, sia ancora capace di resistere, Francini ha risposto:
«Resiste chi rimane fedele a se stesso, chi riesce ad ascoltarsi. Chi continua a esercitare lo spirito critico, che significa avere il coraggio di guardare la realtà, di allontanarsi dall’ideologia e riflettere con profondità. La realtà è un fatto complesso, e comprenderla richiede cura. La resistenza di un tempo era armata; oggi il nostro fucile deve essere proprio lo spirito critico. Semplificare un pensiero in modo superficiale è il modo più veloce per farlo morire. E quando muore il pensiero, nasce la dittatura.»

Uno dei passaggi più toccanti della serata è stato l’approfondimento sul sentimento della vergogna, elemento cardine del romanzo e tema universale che l’autrice esplora con intensità:
«La vergogna è il primo mantello che ci mettono addosso per controllarci. È un’arma istituzionalizzata, soprattutto contro le donne. A differenza del senso di colpa, che ha a che fare con ciò che si fa, la vergogna riguarda ciò che si è. La mia Delia non si vergogna mai di esistere. La vergogna è un sentimento complesso e stratificato, le donne conoscono la vergogna da quando vengono al mondo. La Ginzburg parla dei ‘pozzi’ in cui tutte le donne, prima o poi, cadono. Ma il pozzo, come la vergogna, può diventare uno strumento di conoscenza profonda.»
Dal libro:
“Le donne pensano molto a loro stesse e ci pensano in modo doloroso e febbrile, sconosciuto ad un uomo. Due donne si capiscono bene quando si mettono a parlare del pozzo oscuro in cui cadono. Ho conosciuto moltissime donne, donne tranquille e donne non tranquille, ma nel pozzo ci cadono anche le donne tranquille: tutte cadono nel pozzo ogni tanto, scrive qui dentro la Ginzburg”

Francini ha raccontato con passione l’accurato lavoro di ricerca storica svolto per scrivere Le querce non fanno limoni. Tra i luoghi narrati spicca Villa Triste, a Firenze, simbolo delle atrocità fasciste:
«Quelle ville erano luoghi di tortura, soprattutto per le partigiane. Tutti i dettagli che leggerete nel romanzo sono frutto di ricerca e studio. C’è un passaggio che mi commuove ancora oggi: due partigiane nelle cantine di Villa Triste si scambiano un messaggio di resistenza, una memoria che attraversa il dolore.»
Dal libro:
“Nulla di quello che abbiamo fatto andrà perduto. Nulla di quello che è stato fatto a noi donne andrà perduto. Il limite tra il dicibile e l’indicibile è mutevole c’è un tempo per l’oblio e un tempo per la memoria”
Le donne del romanzo: specchi e frammenti dell’autrice
Quando le chiediamo quanto di sé ci sia nelle donne che popolano il suo libro, Francini risponde con estrema lucidità:
«Sono sbriciolata in tutte loro. E anche negli uomini. La Delia è un augurio che faccio a me stessa, e a tutte voi, di avere almeno un briciolo del suo coraggio. La frase che più rappresenta questo romanzo è proprio l’esergo: una vita felice significa aver combattuto. Ma non combattere in senso bellico, bensì essere consapevoli della fatica necessaria per raggiungere ciò che è giusto. Felicità e giustizia sono traguardi che si conquistano. Le mie donne non sono eroine nel senso classico, ma lo sono nella loro imperfetta, autentica umanità.
E aggiunge, con sincera emozione:
Quello che desidero restituire è autenticità. Credo che la bellezza della scrittura risieda proprio nel dialogo profondo e carnale tra chi scrive e chi legge. È un gesto d’amore, come prendersi per mano. La mia più grande gioia è che possiate ritrovare i vostri colori – anche in sequenze diverse – nei miei. La paura più grande dell’essere umano è la solitudine. Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo. Io penso che sia il dialogo a salvarlo. Perché se leggendo questo romanzo ci troverete qualcosa che vi parla, che vi commuove, che vi smuove o vi fa anche rabbia, allora è già successo qualcosa. Il movimento è rivoluzione.»
Un altro personaggio forte del romanzo è Carlo, ispirato a Riccardo Dura, figura oscura e complessa degli anni di piombo. Francini ha voluto raccontare non solo il terrorista, ma anche l’essere umano dietro quella violenza.
«Cercavo un Che Guevara nei brigatisti, ma ho trovato solo un innominato. Riccardo Dura era uno dei più sanguinari. Poi ho letto le sue lettere alla madre, raccolte in un saggio di Luzzatto (Dolore e Furore). Un figlio ferito, abusato, mandato su una nave-riformatorio dove subiva violenze. Voleva fare qualcosa per cui la madre potesse essere fiera. Ma quel bisogno di giustizia è deflagrato nel sangue. È per questo che dobbiamo conoscere la storia: per riconoscere gli inganni degli ideali travisati.
Dura è come un pezzo di carne fuori dal frigorifero: non è nutrimento, è decomposizione. Ma anche quella carne era viva. E ricordarlo è un atto politico.»

Chiara Francini con Le querce non fanno limoni ci consegna un’opera vibrante, che attraversa decenni di storia italiana ma parla, con forza e lucidità, al nostro presente. Un romanzo che è insieme affondo storico, racconto familiare e riflessione sul potere dell’identità femminile.
L’incontro a San Lorenzo al Mare è stato molto più di una semplice presentazione: è stato un momento di ascolto, di confronto e di resistenza – quella, appunto, che nasce dallo spirito critico, dalla memoria e dalla parola.