Sanremo e il circo mediatico musicale e gossipparo del Festival, tiene sotto scacco gli italiani, anche quelli più reticenti, per sette lunghissimi giorni … parole su parole che formano la narrazione nazionalpopolare e che vogliono definire il sentimento comune. Alcune delle firme più conosciute della Bookcommunity hanno prestato la penna a questo fenomeno di costume, raccogliendo memorie ed emozioni.
TACHICARDIA TRA FILOSOFIA E GOSSIP
Un Sanremo difficile sotto diversi aspetti, un’edizione in cui, probabilmente, la soggettività e la curiosità ci hanno messo lo zampino e sono diventate ancore di salvezza per la kermesse.
L’idea dei vertici Rai di ridimensionare lo show si è percepita da ogni Point Of View, andando ad appiattire e annacquare le sfumature.
Nella globalità del contesto, alla fine l’ha spuntata il primo posto di questa 75esima volta, ma da quel che si “respira” nella moltitudine di “rumors” virali, probabilmente il grande vincitore è il caos.
“Non (ti) dimentico” i Festival passati pertanto la “Febbre”, quella da “Brividi” ,

non è salita!
Francesco Gabbani suggerisce correttamente di vivere ogni attimo, ma Carlo Conti ha acceso il motore a curvatura, quindi a “Battito” accelerato.
Chissà se faremo in tempo a “prendere in braccio un nostro caro” per sederci insieme sotto “L’albero delle noci”.
Può darsi che soltanto Giorgia ne conosca la cura… però “Grazie ma no grazie”.
Continueremo, domani come ieri, a esprimerci con “Cuoricini” nella speranza di non “morire giovani”e principalmente “innamorandoci senza decedere”.
Che sia mancato, per i più, un vero colpo di fulmine perché il grande assente è stato l’istinto di Amadeus? Oppure la musica italiana è in un momento difficile?
A cura di Ambra Ravalico
La scala e i desideri semplici
Per una che passa da sempre le sue serate a leggere in solitaria, attirando lo sconcerto di chi le è vissuto e le vive accanto, guardare Sanremo è un palese controsenso.
Come per le partite di un mondiale di calcio, Sanremo scatena nel popolo italico un sentimento nazional popolare di condivisione.
Durante la settimana sanremese ci si ricorda improvvisamente di essere italiani e si viene investiti dal bisogno di dire “io c’ero”.
Per me Sanremo è una svolta.
Non sono più la creatura pericolosa e ambigua, nascosta dietro ad un libro (oggetto semi sconosciuto fonte di eversione, padre di ogni ribellione e marchio a fuoco di qualcosa che forse in te non va come deve andare) ma un essere perfettamente integrato, livellato e medio. Che come gli altri e insieme agli altri partecipa ad un evento di portata nazionale.
I libri mi mancano, certo. Si accumulano. Su di loro una patina di lieve polvere, ragnatele immaginarie li imprigionano.
Ma quella soddisfazione di discutere con gli altri, di criticare, soppesare, valutare, l’ebrezza di essere giudice, critico musicale, chirurgo estetico, consulente di immagine, esperto di moda e di costume… mi dà una vertigine difficile da rappresentare ed interpretare.

C’è una cosa sola che mi spaventa: la maledetta scalinata. Che quest’anno appare e scompare così, random. Qualcuno estremamente sadico la comanda dietro le quinte. Come a voler dire: “occhio, stai attento a quel che fai. Non fidarti di nessuno”.
Come la botola che apre il baratro sotto i piedi di un nemico pericoloso.
Che cosa crudele! La riprova che il prezzo per la notorietà è sempre troppo salato.
Stanotte l’ho sognata. Dovevo scenderla su un tacco improbabile. La pianta del piede sudata. L’equilibrio instabile. Stavo davanti all’abisso che mi separava da un divanetto, una coperta in pile e una tazza fumante. Sul divano, sparsi qua e là, i libri della tbr mi fissavano languidi.
Dovevo, volevo scendere. Un velo di sudore imperlava la mia fronte. Poi ad un certo punto ho sentito una voce …. “prendi la mia mano, zingaraaaaa”. Echi squillanti rimbombavano confondendomi… e mi sono svegliata.
Che sollievo.
Leggere non è mai stato così pericoloso come scendere quella scala. E l’anonimato mai così appetibile.
A cura di Laura Salvadori
Una notte buia e tempestosa…
quella della prima serata del Festival di Sanremo, 31esima edizione. Era il 1981 e quel Festival lo vinse Alice con Per Elisa.
Ne ho un ricordo pazzescamente bello, indelebile.

Eravamo appena state rapite dalla magia del Festival, io, una bambina, e mia nonna, quando un’improvvisa interruzione di corrente ci ha immerse nel buio. Fulmini, tuoni e grandine sembravano voler oscurare la musica.
Ma mia nonna, con la saggezza di un personaggio dickensiano, si è mossa nel cucinino e ha acceso una candela, la classica candela bianca con piattino. La sua luce tremolante ha illuminato il tavolo, dove una radio a pile ha preso vita, sintonizzandosi sulle onde di Radio Rai.
E così, avvolti nel bagliore caldo della candela, abbiamo ascoltato le canzoni attraverso la voce dello speaker, che, con le sue parole, dipingeva le immagini del palco, gli abiti scintillanti, le reazioni del pubblico.
Fu per me un’esperienza unica, un viaggio sensoriale che solo la radio poteva regalare.
Proprio come nei libri, dove le parole creano mondi e personaggi, lasciando spazio all’immaginazione del lettore.
Chi, infatti, non ha mai immaginato, cercandone un corrispondente nella realtà, il volto, le movenze, le espressioni di un personaggio letterario?
Ma, soprattutto, cosa lega tutto questo a Sanremo 2025?
La risposta nel cortocircuito magico di un’associazione spontanea che mi porta a traslare i cantanti, con i loro look sempre originali, nelle pagine dei romanzi.
Ecco allora come Irama mi abbia riportato a Il cavaliere d’inverno di Paullina Simons, Achille Lauro al ciclo di Miss Bee di Alessia Gazzola, Lucio Corsi a Onesto di Francesco Vidotto, Tony Effe a Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, Fedez a Volver di Maurizio de Giovanni, Clara, nei colori, a Ti ricordi di Sarah Leroy? di Marie Vareille, i Coma_Cose a Povere creature di Alasdair Gray, Simone Cristicchi ad Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.
Cadono durante le prove, galeotta fu la scala, Francesca Michielin (lei benissimo nelle pagine di Sette vite come i libri di Serena Venditto) e Kekko Silvestre dei Modà (Codice 93 di Olivier Norek), affronta a modo suo la caduta Fedez, “Cadiamo per imparare a rialzarci“, scrive, ricordandoci che la vita ci metterà sempre alla prova, fino a quando non avremo imparato la lezione.
Ma in questo Sanremo delle cadute reali o metafore di vita e resilienza, non cade lo stile … e, se proprio dovesse succedere, che lo faccia 7 volte, per rialzarsi elegantemente 8!
Tra i talenti menzionati, chi vorrei vincesse, chi penso vincerà.
E i libri che amo❤️
A cura di Sabrina De Bastiani
Sanremo: il Festival della Vita
Sanremo, per me, è come il Natale: arriva ogni anno, è inevitabile, scatena gioie e polemiche, e quando finisce lascia un senso di vuoto. È una settimana in cui la musica diventa la scusa perfetta per abbandonarsi al rito collettivo dell’attesa, del giudizio spietato e della tifoseria sfrenata. Si ride, si balla, si canticchia stonando sotto la doccia. Ma, soprattutto, si aspetta con ansia la classifica, pronti a scandalizzarsi per le ingiustizie e a gridare al complotto.

Sanremo è anche una gigantesca lente d’ingrandimento sulla società italiana: ogni anno porta con sé dibattiti sul senso della musica, della televisione e, a volte, perfino della vita stessa. C’è chi lo considera un tempio della cultura pop, chi una fiera del kitsch, chi una vetrina per discorsi impegnati e chi una celebrazione del nulla. Eppure, anche i più scettici finiscono per buttare un occhio al televoto, perché resistere è impossibile.
Ma Sanremo è soprattutto emozione.
È quel momento in cui una canzone riesce a toccarti nel profondo, o in cui un ritornello insopportabile ti si pianta in testa per settimane. È il piacere di condividere commenti acidi sui social, di esaltarsi per un duetto inaspettato o di indignarsi per l’ennesimo monologo interminabile. È la consapevolezza che, nel bene e nel male, tutti ne parleranno.
E poi, arriva la finale. Le luci si spengono, il vincitore viene annunciato, e già si pensa all’anno prossimo. Perché Sanremo è così: lo critichi, lo ami, lo odi… ma non puoi farne a meno.
A cura di Gabriel Uccheddu
Perché Sanremo è, anche, ri-velazione!
Alla domanda retorica: chi sarebbe stata la rivelazione del festival di Sanremo Tony Effe ha risposto in maniera serafico: «Io sarò la rivelazione di questo festival!»
Credo che l’artista fosse ironico per via di tutte le critiche che lo hanno accompagnano in questi mesi, che niente hanno a che fare con l’arte della musica. Il Festival è bello anche perché si scoprono e si riscoprono artisti. Per esempio come…

Lucio Corsi.
In un’intervista ha affermato di aver vissuto fin da piccolo in campagna e la noia lo ha portato ad accostarsi alla musica. Grazie noia! Lucio è un folletto della musica, dal suo cappello da Jattaman estrae oggetti misteriosi, dalle spalline patatine. Nei suoi testi fragilità e poetica ti portano in viaggio nel suo mondo! Se fosse un libro sarebbe Il giardino Segreto, se fosse un’opera teatrale Sogno di una notte di mezza estate!
Brunori Sas. L’ho rivalutato. Lo consideravo un cantautore troppo preso dalla sua arte, su un piedistallo. Invece, tramite interviste e interventi, la sua ironia e la sua simpatia sono emerse. Se fosse un libro sarebbe un personaggio di un romanzo di Camilleri, intellettuale ma che ama il buon cibo e il buon vino e con la battuta pronta!
Serena Brancale. Unico aggettivo che mi va d’accostare a quest’artista è vulcanica! È un’artista jazz e quindi l’accostamento a Francis Scott Fitzgerald è più che naturale!Quota genovese. In passato Genova ha sfornato tantissimi artisti che hanno fatto la storia della musica italiana e Olly e Bresh penso siano sulla buona strada per lasciare il segno. Non amano apparire, sono molto riservati e hanno una bella penna anche se a tratti ancora un po’ acerba. Molto incentrato sui sentimenti il primo, più verso immagini del viaggio, il mare e la passione del calcio il secondo. Genova città di mare e quindi li vedo sulla baleniera Pequod, sperando che non trovino sulla loro rotta Moby Dick!
A cura di Samanta Giambarresi
LA TORRE D’AVORIO – cantano i Måneskin con ZITTI E BUONI
È il 2 marzo 2021 e sul palco dell’Ariston arriva un gruppo non ancora troppo conosciuto ai più – già partecipante di X Factor.
Sono i Måneskin, formato da Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi e Ethan Torchio.
Si presentano con un pezzo dal titolo ZITTI E BUONI, con gli arrangiamenti orchestrali, curati dal compositore e direttore d’orchestra Enrico Melozzi.

Sappiamo tutti come andrà a finire: i Måneskin vincono quell’edizione del Festival di Sanremo e poi il 22 maggio 2021 anche l’Eurovision Song Contest, mandando in visibilio tutta l’Italia!
Dopo la vittoria all’Eurovision Song Contest, Zitti e buoni ha registrato quasi 4 milioni di ascolti in 24 ore su Spotify, stabilendo il record per il brano in lingua italiana con il maggior numero di stream di sempre sulla stessa piattaforma nel medesimo arco di tempo.
Il ritornello, che conosciamo ormai tutti, fa così:
Sono fuori di testa, ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa, ma diversa da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro, no
E questo ritornello mi ha subito fatto pensare a un romanzo uscito nel 2024 per la casa editrice Neri Pozza: LA TORRE D’AVORIO di Paola Barbato (la cui recensione potete trovare QUI).
E perché questa associazione, che sembra un po’ strampalata?
Perché le quattro protagoniste del romanzo – Moira, Beatrice, Maria Grazia e Fiamma – sono tutte un po’…. “fuori di testa”!
Eh sì, perché sono state tutte e quattro in una struttura psichiatrico-giudiziaria – chi per un motivo, chi per un altro – ed è lì che si sono conosciute e hanno fatto amicizia.
Ecco, questa è la mia associazione sanremese!
A cura di Titty
Sanremo: l’eterno ritorno dell’uguale?
Carlo Conti, la sua conduzione, improntata a un politically correct , non lascia spazio a sorprese o eccessi.
Malgioglio: la caricatura di sé stesso. La sua presenza, a tratti ingombrante, oscilla tra l’autoparodia e l’ostentazione, rischiando di scadere nel ridicolo involontario.
Achille Lauro: l’eleganza che oscura. La sua presenza scenica, raffinata e mai banale, riesce a oscurare persino un’Elodie, pur dotata di indubbio talento.
Duran Duran: un medley senza voce. Un’occasione mancata per celebrare degnamente la loro musica, con un’aggravante: “Psycho Killer” è dei Talking Heads, un errore che grida vendetta.
Date a Cesare quel che è di Cesare!!!!
Giorgia: una voce che non raggiunge l’Olimpo. Skyfall – Un’interpretazione impeccabile, ma che non riesce a raggiungere le vette di emozione evocate da un’Adele sempre divina.
Fedez: SILENZIO . HE’S BACK. Grande rapper, grandi barre, grande testo. Battito è un MANIFESTO. Rinato senza l’Acqua Santa Ferragni. A Lei un “Grazie” per avercelo restituito.
Questo è il mio Sanremo
A cura di Nicoletta Tani
Tutta l’Italia …tutta l’Italia…Tutta l’Italia…tutta l’Ital iiiàààà!
Incalzante, magnetico, il ritornello del Festival restaurato di Carlo Conti insegue e prende al laccio anche il povero spettatore più reticente.
Proprio tutta l’Italia sì! È inutile negarlo, inutile nascondersi dentro stanze insonorizzate… il Festival vi raggiungerà, vostro malgrado. Gabbani ci avverte… Viva la vita così com’è, viva la vita finché ce n’è... lui che ha scomodato la scimmia nuda di Morris, c’invita a fare un passo indietro e a prenderla così com’è…
Pachiderma mediatico diventato un fenomeno culturale ormai autonomo, in cerca della scusa perfetta per affrancarsi dai condizionamenti dei vari direttori artistici, il Festival ha dimostrato di sopravvivere ai tentativi di sabotaggio del gelido Conti, figura tanto comoda ai vertici Rai, quanto puntuale nei ritmi televisivi, azzeratore di sorprese e delle tanto amate polemiche sanremesi…
Quanto ci manca Cavallo pazzo dei Festival di Baudo!
La settimana sanremese scivola veloce sugli schermi satolli, ma ciccia ce n’è poca e i giornalisti si prendono una pausa dai gossip, relegati negli archivi degli anni d’oro, gli anni in cui lo spettacolo accompagnava la musica e sapeva amplificare il divertimento.
Un Festival ecumenico questo del 2025, messo all’angolo e riportato nei ranghi di un sistema che ripudia i colpi di Stato, ma quanta soddisfazione c’è nel vedere il giovanissimo Olly, placcare la classifica e scalzare nomi che avrebbero fatto tanto comodo sul podio della restaurazione!
Piccola soddisfazione personale: un piccolo e gentile menestrello riconosciuto per la sua grandezza e freschezza artistica, Lucio Corsi.
A cura di Patrizia Picierro
