Michael Bible - ilRecensore.it
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Michael Bible e quella tensione tra sacro e profano

Michael Bible: Cronaca semi-seria di un’odissea letteraria al Salone del Libro

«Luca dove sei?»

«Sperduto per la campagna piemontese, il treno è in ritardo…»

«L’incontro sta cominciando, io ti tengo il posto, tranquillo»

Micheal Bible - al Salone del libro di Torino - ilRecensore.it

A introdurre Michael Bible, lo scrittore con il cognome più teologico del catalogo Adelphi, è Matteo B. Bianchi. La presentazione si tiene nella Sala Granata, minuscola come un confessionale, ma scelta per ospitare uno degli autori più originali della letteratura americana contemporanea.
«Com’è possibile che non ci sia la folla in delirio?!», mi chiedo mentre mi sistemo accanto alla mia amica, che annusa il libro come fosse un calice di Barolo.

Bible entra in scena con la sobrietà di un predicatore hipster: cappellino da basket, jeans, un’aria da profeta del Tennessee in Erasmus spirituale. È subito chiaro che ama il dialogo col pubblico, che lo guarda come se avesse appena moltiplicato i segnalibri.

Noto subito Giulia dell’ufficio stampa Adelphi e la domanda sorge spontanea:«Giulia, l’autore è disponibile per rispondere a qualche domanda?»

«Certo, subito dopo la presentazione»

«Perfetto! Grazie »

Intanto Matteo B. Bianchi parte in quarta con domande affilate e curiose, e io inizio a prendere appunti con la foga di uno scriba del Medioevo sotto scadenza.

«Luca sei arrivato?»

«No, sono a Carmagnola :-( Questo treno è un tour panoramico delle stazioni minori del nord Italia…»

«Abbiamo l’opportunità dì intervistare Bible!Ho BISOGNO DI TEEEE!!»

«Miodddiiioooooo! (Per rimanere tra le grazie di Bible)»
Michael, anche questo romanzo è ambientato a Harmony; cos’è Harmony per te?

«Harmony assomiglia molto alla piccola città in cui sono cresciuto. E quindi ho creato questo piccolo mondo, che mi interessa moltissimo perché penso che mi dia la possibilità di raccontare meglio la storia di alcuni personaggi, di farli muovere in questo spazio. Potrei ambientare tranquillamente tutte le mie storie in questa cittadina.»

C’è quindi il fascino per la provincia, per la vita che si svolge lontana dalla grande civiltà rispetto alla tecnologia, alla modernità è vero? 

«Io ho un po’ di difficoltà con la tecnologia… penso che che poniamo troppa fede nella tecnologia, ma bisognerebbe essere semplicemente più connessi tra di noi.»

Michael Bible con Matteo B.Bianchi al Salone del libro - ilRecensore.it
Nel tuo romanzo Goodbye Hotel hai posto al centro del racconto delle tartarughe…

«Mi affascina l’idea della memoria e di come la memoria ci permetta di cambiare la nostra visione del mondo. Penso che gli animali abbiano una vita interiore e talvolta mi interrogo…io ho una cagnolina che amo tantissimo e che mi ha insegnato molto del mondo, delle persone e  così ho pensato che le tartarughe giganti possono vivere una vita più lunga degli esseri umani e avere un’esperienza, una prospettiva di vita diversa data dallo scorrere del tempo e magari possono sperimentare anche la sofferenza in modo diverso. Sono le tartarughe che sono venute da me e si sono infilate tra le pagine.»

L’inizio dei tuoi due libri è legato ad un evento sconvolgente; il primo inizia con un ragazzo che da fuoco a una chiesa e in questo secondo romanzo, una ragazza scompare. L’idea di iniziare col botto è una cosa che viene subito o che costruisci dopo?

«No, in realtà l’immagine iniziale è arrivata dopo, in entrambi i romanzi. Per L’ultima cosa bella sulla faccia della terra mi è arrivata inizialmente l’immagine di una ragazza persa in biblioteca, per Goodbye Hotel ho pensato a una persona che dovesse ricordare un’evento, l’incidente d’auto è venuto dopo.» 

In Italia i tuoi romanzi hanno un titolo differente rispetto a quello americano, volevo sapere cosa pensavi di questa traduzione.

«Devo dire che amo i miei lettori italiani, amo moltissimo la mia casa editrice e tutto ciò che è italiano.» 

Che cos’è Goodbye Hotel?

«Io scrivo spesso nelle lobby degli hotel, perché mi concentro bene, sono luoghi di transizione, un po’ liminali, dove si possono osservare le persone e quindi ci sono diverse situazioni che descrivere lavorare in quell’ambiente e poi c’è una lunga tradizione da dove vengo, di persone che vivono negli hotel, anche se ora non succede più, gli hotel rimangono un posto dove alcune persone finiscono la propria vita, pensiamo ai suicidi, alle persone malate e sole. Può essere un ultimo Goodbye alla vita.»

Bible è il tuo cognome vero? ho sempre pensato che Bible si intoni perfettamente con la tua scrittura, perché c’è qualcosa di profondamente simbolico esattamente definire cosa non lo so veramente, ma penso che ci sia qualcosa di religioso.

«Sì, Bible è il cognome di mio nonno materno. Una persona fantastica, un ingegnere, un pittore e volevo che omaggiare in qualche modo. 

Goodbye Hotel di Michael Bible - Abbiamo letto - ilRecensore.it

In me c’è sempre stata una tensione tra sacro e profano. Io sono cresciuto in una famiglia piuttosto religiosa, quindi questi due elementi coesistono. Trai i primi libri che ho letto ci sono le sacre scritture, i vangeli, però sono una persona anche molto profana. Mi sposto tra un lato e l’altro, ma la maggior parte delle volte le cose non sono ciò che sembrano, nascosta sotto la superficie c’è una sorta di oscurità.»

Al centro di questo libro c’è un personaggio che fa parte della setta dei Seersucker, ce ne parli? 

«Io sono cresciuto in una piccola città di provincia dove girava gente un po’ strana, per esempio, passeggiava tutti giorni da un lato all’altro della città, alla stessa ora, un uomo e nessuno sapeva perchè. L’uomo che cammina è diventato una leggenda. Quindi ho pensato che creare un personaggio simile potesse essere una sfida intrigante e ho creato questo culto un po’ elaborato e che facessero qualcosa per un bene universale.» 

I tuoi romanzi sono molto brevi, ma si ha la sensazione di aver letto un romanzo. Come fai?!

«Mi piace scrivere così, in questo modo, un’esperienza del tempo diversa. Scrivo libri che sono maneggevoli, poi sono ispirato da Samuel Beckett, un maestro della sintesi.» 

Il grosso tema di questo libro è la verità. Ce ne sono tante, ci sono verità diverse a seconda dei protagonisti e le stesse tartarughe in realtà sembrano avere un’immagine diversa di quello che è successo, anche questo è una sfida per il lettore perché non gli sveli la verità, ma lasci che sia il lettore a scegliere quella più giusta.

«Per me la letteratura è una danza tra il lettore e l’autore. Penso sempre che un libro non sia completo finché non è nelle mani del lettore, che lo legge. Con la lettura si  completa il processo. La mia speranza è che i miei lettori non abbiano tutte le soluzioni, ma sta al lettore poter immaginare le possibilità e poi scegliere e decidere qual è la verità che funziona.» 

«Luca… sei vivo?»

«Sto per arrivare…»

«Se non arrivi in tempo, faccio le domande che mi hai passato tu»

«….»
Come crei le tue storie? 

«Quello che succede nella mia testa è che voglio collegare due momenti, metto tutto in pausa e comincio a osservare il mondo, lascio che sia il mondo a raccontarmi la sua storia. Poi quello che faccio comincio a raccontare la storia a me stesso, per vedere se funziona e poi al mio pubblico, a mia moglie, i miei amici, fino a che non comincio ad attirare l’attenzione. In quel momento tiro fuori i blocchi e scrivo di getto, blocchi che poi butto, per passare tutto al computer. È un processo simile all’improvvisazione musicale.» 

«Luca tocca a noi… »
ilRecensore.it: Come in La cosa più bella sulla faccia della terra, ritorna in Goodbye Hotel l’immagine del fuoco. Fuoco, fiamme, cenere, incendi, calore, il consumarsi stesso… tutto porta all’immagine del fuoco. Perché è così presente nelle tue storie, cosa rappresenta per te?

«Il fuoco è un elemento che trovo molto affascinante per la sua dualità, perché è capace di purificare e di distruggere alle stesso tempo.

Si ha un sacro terrore del fuoco, ma in un certo senso può essere un elemento di speranza, perché dopo la distruzione viene la ricostruzione.»

ilRecensore.it: I tuoi personaggi sono un po’ come tutti noi, sempre alla ricerca di qualcosa che li salvi; l’amore, l’amicizia, un luogo in cui rifugiarsi. Per te la salvezza è possibile oppure è solo necessario credere che esista?

«Domanda complessa. Io sono una persona profondamente speranzosa, ma senza ottimismo. L’ottimismo è una conclusione, significa dire che qualcosa di positivo accadrà, invece io credo alla speranza perché rimango aperto alle possibilità, perché non so cosa accadrà.

Una cosa che trovo importante è che la salvezza non è la meta ultima, ma l’importante è la ricerca della salvezza, il soddisfare questo desiderio.

Trovo che la letteratura abbia un ruolo fondamentale perché ci fa provare empatia, compassione nei confronti delle vite degli altri.

Questa è una cosa molto mia, la cosa più Bible che avessi potuto dire»

Michael Bible - ilRecensore.it

A fine incontro, l’aria è quella di una piccola epifania laica. Bible ha parlato come un jazzista del verbo, toccando con levità temi profondi, lasciando il pubblico con il desiderio di rileggere la propria vita come fosse un romanzo breve ma intenso.

L’incontro si conclude con le domande di Luca e fuori dalla sala si forma la fila per il firmacopie.

«Luca ti faccio firmare un libro, quale preferisci?»
«L’ultima cosa bella sulla faccia della terra …che oggi, forse, è proprio questo incontro.»

Quando finalmente Luca approda tra gli stand, pallido e stranito come un reduce di Woodstock, l’incontro è finito, ma qualcosa di mistico è nell’aria: Michael Bible gira da solo tra i padiglioni, come un personaggio dei suoi libri uscito per un caffè lungo.


Luca lo incrocia e il non-incontro diventa leggenda.

Con due copie autografate (entrambe per Luca, salvato in extremis da un amico con cuore da eroe) e una pacca sulle spalle da parte di Matteo Bianchi che ci dice:
«Belle domande! Anche migliori delle mie…»
torniamo nel mondo reale, ma con il cuore ancora immerso in Harmony, dove le tartarughe filosofeggiano, gli hotel sussurrano addii, e la verità è sempre un esercizio di fede.

 Fine.
(O inizio, dipende da che punto della storia scegli di entrare.)

Autori

  • Patrizia Picierro

    Socia fondatrice della Rivista ilRecensore.it SEO Content Creator, traduttrice, Blogger e firma di interviste e recensioni su vari siti letterari. Cresciuta a Goethe e cioccolata, ho trascorso gran parte della vita tra l’Italia, la Germania e la Francia, apolide nel Dna tanto quanto nel Pensiero. Gli studi classici prima e Scienze Politiche poi, hanno sviluppato il mio senso critico, sfociato poi nella mia vita da BookBlogger. Sono sempre in cerca della storia perfetta. In borsa porto Joyce e Jackson, le penne che compro in giro per il mondo e tanta passione.

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  • Luca de Vincentiis

    Sono Luca de Vincentiis, con la “d” minuscola (perché secondo il nonno paterno s’ha da scrivere così) e due sono le benedette “ii” alla fine del cognome. Nato a Sanremo, città dei fiori, della musica, di mare e dal meraviglioso clima, lavoro alla Ubik Sanremo libri (ex Mondadori e no, non è una Feltrinelli). Sono felicemente libraio e genitore di tre libri di poesia: “Alla ricerca degli istanti perduti”, Gruppo Albatros Il Filo, 2021; “Amore e discordia”, L’Erudita, 2022; “Fiori da ponente”, Edizioni Ensemble, 2024. Faccio parte di un collettivo di poesia che si chiama Il Vivaio del Verso e mi piacciono la fotografia, la pizza, la pasta col tonno, il vino rosso (non meno di 14 gradi) e la birra rossa. Mi piacciono anche altre cose. Sono Sagittario: ometto ma non mento.

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