Premio Scerbanenco 2023
Milano, Casa del Manzoni
Interno, ore 18. Entro per la prima volta in quella che fu la casa di Alessandro Manzoni – I promessi sposi sono uno dei miei libri classici preferiti e, salendo l’ampio scalone, non posso far altro che guardarmi attorno e alzare gli occhi al soffitto stupita da tanta magnificenza. Non posso credere di stare solcando le orme del celeberrimo scrittore.
Ci fanno accomodare nella sala attigua allo studio del Manzoni: la sua stanza, appartata, guarda verso il giardino ed è proprio qui che Manzoni si ritirava a leggere, meditare, scrivere e dove riceveva gli amici intimi e gli ospiti illustri.
Ma questa stanza, ahimè, a noi è preclusa: al suo interno, infatti, si è ritirata la giuria letteraria del Premio Scerbanenco – composta da Cecilia Scerbanenco (purtroppo assente), Valerio Calzolaio, Luca Crovi, Isabella Fava, Cecilia Lavopa, Sergio Pent, Sebastiano Triulzi e John Vignola.
Io, nel frattempo, ammiro estasiata le opere che sono in questa stanza: un busto di Lucia e uno di Renzo, i quadri di Luigi Bianchi, tra cui “Addio, monti”del 1861, e altre scene tratte da I promessi sposi.
Tutti e cinque i finalisti del Premio sono arrivati.
Quest’anno a contendersi il Premio Giorgio Scerbanenco 2023, riconoscimento per il miglior noir dell’anno, sono: Francesco Abate con Il misfatto della Tonnara (Einaudi), Cristina Brondoni con L’inferno degli eletti (Clown Bianco), Cristina Cassar Scalia con La banda dei carusi (Einaudi), Gabriella Genisi con L’angelo di Castelforte (Nero Rizzoli) e Bruno Morchio con La fine è ignota (Nero Rizzoli).
Non resta che iniziare.
Ma una domanda mi nasce spontanea.
Il premio Scerbanenco – che porta il nome di un grande giornalista e scrittore, considerato tra i più importanti giallisti del panorama letterario – viene celebrato nella fu casa del Manzoni: ma quale collegamento ci può essere tra Scerbanenco e Manzoni?
Presto detto. Scopro, difatti, che in mattinata sempre in queste stanze si è svolto un evento per il Noir Festival 2023 dal titolo “Manzoni e il noir. Il caso Marianna De Leyva Storie, cronache e indagini tra delitto e peccato” e Mauro Novelli – scrittore e membro del Direttivo del Centro Nazionale Studi Manzoniani – così osserva: «Come i migliori autori di Noir, Manzoni mette al centro della sua riflessione la presenza del male, in un mondo in cui i poteri pubblici (crudeli, latitanti o corrotti) lasciano i più deboli in balia dei soprusi. I promessi sposi testimoniano la scelta di reagire all’oppressione, ma senza ricorrere alla violenza. Niente di più attuale».
Anche Luca Crovi, esperto esegeta del genere noir con cui ho avuto il piacere di scambiare due parole, nella sua Storia del giallo italiano del 2020, individua già nella trama de I promessi sposi un noir ante litteram: «Immaginatevi un gangster che si invaghisca di una bella fanciulla e che voglia farla sua – scrive Crovi –. Non si fermerà davanti alle minacce o ai ricatti per averla. Per questo il gangster fa ricorso ai suoi fidi sgherri per minacciare un prete e ricattarla, e fa di tutto per eliminare il promesso sposo della fanciulla. E se poi per traviare la ragazza si mettono in gioco anche una perfida assassina rinchiusa in convento e un capomafia che vive nell’ombra capirete che siamo nel bel mezzo di un noir moderno che ha per protagonisti Lucia, Don Rodrigo, i Bravi, Don Abbondio, la Monaca di Monza, l’Innominato».
Ecco chiarita, quindi, la linea che porta da Manzoni a Scerbanenco; d’altronde, anche Leonardo Sciascia, considerato il capostipite del noir civile dell’epoca contemporanea e primo premiato con il Raymond Chandler Award, non ha mancato di dichiarare la sua predilezione per il grande milanese: «Se mi si chiedesse a quale corrente di scrittori appartengo, e dovessi limitarmi a un solo nome, farei senza dubbio quello di Manzoni».
Ma torniamo a noi e alla premiazione.
È il momento della presentazione di tutti e cinque i romanzi in lizza per il premio: a ogni finalista un membro della giuria letteraria rivolge tre domande per addentrarsi nei meandri di ogni singolo romanzo.
Finalmente siamo al momento delle varie premiazioni. Eh sì, perché quest’anno ci sono ben tre premiati!
Ma come funziona il meccanismo del Premio Scerbanenco? Chi determina gli scrittori che arrivano alle battute finali? E il premio dei lettori?
I cinque finalisti vengono decisi dalla sommatoria dei voti della giuria letteraria e dei lettori, che nel corso di dieci giorni hanno votato sul sito online del Noir in Festival e che hanno così determinato l’entrata in cinquina degli scrittori scelti tra 15 totali. E sono i lettori a stabilire a chi andrà il Premio dei lettori.
Quest’anno il Premio dei lettori, è stato assegnato a Il torto (Edizioni E/O) di Carlo Piano.
Prima di annunciare il vincitore del Premio Scerbanenco 2023, viene comunicato che la Giuria letteraria ha deciso di assegnare anche una menzione speciale al romanzo L’inferno degli eletti (Clown Bianco) di Cristina Brondoni, con la seguente motivazione: “Per l’originalità con cui l’autrice ha saputo raccontare tematiche tragicamente attuali, come la violenza sulle donne, l’omofobia e la fragilità umana di cui si nutrono le sette”.
Eccoci al vincitore!
La giuria letteraria del Premio Giorgio Scerbanenco ha deciso di assegnare all’unanimità il premio Giorgio Scerbanenco 2023 per il miglior romanzo noir italiano a LA FINE È IGNOTA (Rizzoli) di Bruno Morchio con la seguente motivazione: “Perché riesce, in modo profondo, a raccontare una città, Genova, attraverso le sue ombre, i suoi carruggi, la sua geografia umana fatta anche di disperati e criminali, un luogo denso di contraddizioni in cui si muove un originale investigatore in bilico tra hard boiled e romanzo sociale. L’autore, in questo suo maturo romanzo, che racconta oltre ai disagi del mondo del lavoro contemporaneo, anche l’antica piaga dello sfruttamento delle donne, conferma brillantemente la sua abilità stilistica, espressa anche attraverso l’utilizzo di molteplici registri linguistici”.
Tutto è stato fatto.
Siamo alle battute finali con i ringraziamenti e i saluti al prossimo anno.
È ora di lasciare queste stanze meravigliose, in cui si respira un’aria di ‘grande bellezza’.
Ho giusto il tempo di fare qualche foto con i vincitori e congratularmi con tutti.
Stiamo per uscire quando mia figlia, 12 anni, che ho portato con me, mi fa una domanda sul perché tutti gli scrittori finalisti abbiano trattato il tema delle violenze nei loro libri e perché piace così tanto leggerne.
Allora mi viene in mente quanto disse in occasione di un’edizione del Festivaletteratura di Mantova lo scrittore inglese Anthony Horowitz: “I gialli piacciono perché svelano la verità“.
E difatti è proprio così. Nel mondo di tutti i giorni, dalla tv e dai quotidiani veniamo continuamente bombardati con notizie di omicidi, delitti e violenze dalle quali è difficile che emerga una verità e dopo lo scoop mediatico non si sa mai più nulla, tranne rari casi.
Nei romanzi gialli, invece, “c’è la violenza, l’assassinio, il killer ma ad un certo punto qualcuno risolve il caso e svela la verità di quello che è successo. È come una sorta di processo di guarigione“.
Ma c’è anche un altro motivo, più intimo, più profondo.
Come ha detto lo scrittore Maurizio De Giovanni, in risposta ad una provocazione di Loriano Macchiavelli, gli scrittori noir raccontano “la devianza nascosta dietro la normalità”.
Perché, sotto sotto, siamo tutti un po’ guardoni, ci incuriosisce il crimine della porta accanto e quello che succede sul nostro pianerottolo, nella casa dei nostri vicini, oltre il muro che ci separa da un’altra famiglia e ci piace vedere la linea sottile che ci separa dal male.