Recensione della mostra “Impressionisti in Normandia”
Quando: dal 21 novembre 2024 al 4 maggio 2025
Dove: Museo degli Innocenti, Piazza della Santissima Annunziata 13, 50122, Firenze
Al Museo degli Innocenti di Firenze sta per chiudere una bella mostra, curata da Alain Tapié, intitolata “Impressionisti in Normandia“. L’esposizione intende omaggiare i 150 anni dalla prima mostra impressionista (tenutasi a Parigi nel 1874 nello studio del fotografo Nadar) e si focalizza su una serie di dipinti dal vero che ritraggono i paesaggi più significativi della Normandia.
La maggior parte dei dipinti proviene dalla collezione “Peindre en Normandie”, a cui si affiancano i prestiti provenienti dal Musée d’art moderne di Le Havre e da collezioni private.
La mostra è corredata da un buon apparato didattico che spiega ai visitatori di tutte le età le scoperte fatte all’epoca sulla percezione della luce e del colore e sul modo specifico che hanno avuto questi artisti nell’applicare le nuove teorie.
Si mette giustamente in evidenza come i nuovi colori in tubetto abbiano permesso a questi pittori di spostarsi agevolmente con la loro attrezzatura per poter dipingere con grande comodità all’aria aperta. La saturazione di questi nuovi pigmenti era tale da permettere un uso del colore molto più intenso rispetto al passato e ha, a suo modo, contribuito a sviluppare la concezione della nuova pittura impressionista.
Nel 1824 il chimico francese Michel Eugène Chevreul si era accorto che i colori accostati tra loro si influenzano reciprocamente tingendosi l’un l’altro del rispettivo colore complementare; si era risolto così a realizzare una ruota di 72 colori in cui era possibile vedere sui lati opposti del cerchio le due tinte complementari.
Le teorie di Chevreul portarono gli Impressionisti a usare colori contrastanti per dipingere le ombre dei loro soggetti, invece di usare lo stesso colore ma più scuro per sottolineare le ombre.
Questo nuovo uso del colore portò inizialmente il pubblico a gridare allo scandalo per poi essere compreso e accettato man mano che la nuova pittura faceva breccia nel gusto moderno. Gli Impressionisti erano abili coloristi e cercavano di mostrare tutto lo splendore dei giochi di luce dell’attimo colto nelle loro tele.
Ciò che desideravano era riprodurre la magia del momento che si trovavano a vivere per poterla mostrare al mondo.
La mostra si concentra sui paesaggi dipinti in Normandia… Ma perchè questi pittori hanno scelto proprio la Normandia?
Penso si tratti di una concomitanza di fattori. In primo luogo la grande quantità, qualità e diversità di paesaggi che gli artisti si trovavano sottomano. In secondo luogo perché artisti apprezzati dagli Impressionisti come Delacroix e Corot avevano scoperto anni prima il fascino di quei luoghi e l’avevano messo su tela, influenzando così i loro giovani ammiratori.
Bisogna anche tenere conto che la Normandia è relativamente vicina a Parigi e l’enorme sviluppo della rete ferroviaria in quel periodo storico ha contribuito a renderla ancora più vicina. Un biglietto ferroviario di terza classe e la possibilità di alloggiare in paesini di pescatori, tanto caratteristici quanto a buon mercato sono stati la ciliegina sulla torta che ha convinto questi pittori ad eleggere quei luoghi tra i loro preferiti. Addirittura alcuni di loro comprarono casa in quella regione.
Nel libro “Renoir, mio padre” il figlio Jean ci dà una preziosa testimonianza sull’organizzazione di questi artisti:
"Ecco come andavano le cose con Bazille, Monet, Berthe Morisot, Pissarro, Sisley e i suoi primi
compagni di lavoro: uno di loro sceglieva un posto e piantava il cavalletto, gli altri lo seguivano. Il
passante si fermava davanti a un gruppo di signori barbuti che, tutti intenti, lo sguardo fisso, la mente a
mille miglia di distanza dalle contingenze materiali, depositavano sulle loro tele piccole macchie di colore.
E spesso, ad accentuare la singolarità di quello spettacolo, una donna vestita di chiaro, Berthe Morisot,
si univa al gruppo. La mia madrina Jeanne, non molto tempo fa, mi portò a visitare una radura nella
foresta di Marly dove era stata a dipingere con Renoir. Si fermava come per caso. Se cominciava a
canticchiare, era segno che il luogo gli piaceva. Sistemava il cavalletto e io facevo altrettanto. Dopo
qualche momento, dipingevamo come due pazzi furiosi.
Un'altra caratteristica dei rapporti tra Renoir e i suoi amici era una specie di comunione degli alloggi. Se desiderava dipingere in campagna, mio padre trovava del tutto naturale piombare in casa di Gallimard in Normandia, da Berthe Morisot a Mézy o da Cézanne al Jas de Bouffan e di mettersi lì a dipingere. Da parte sua, lasciava volentieri il suo studio a Jeanne Baudot, che se ne serviva quando eravamo in viaggio. Prestava di continuo il suo appartamento agli amici".
Questo passo rivelatore ci mostra come ci fosse una chiara affinità elettiva e sentimentale tra i vari
componenti del movimento Impressionista, affinità accentuata da una comunanza di idee sulla nuova
concezione dell’arte moderna.
Trovo che il principale merito di questa esposizione sia stato quello di mostrarci il lavoro di alcuni pittori
meno conosciuti qui in Italia della corrente Impressionista, quadri spesso di grande qualità che dialogano
durante tutto il percorso con le opere di grandi pittori come Courbet o Corot, oltre che con i pesi massimi
dell’Impressionismo, primo tra tutti Monet.
É con grande piacere che si scoprono le opere di artisti come Eugéne Boudin, Daubigny padre e figlio, Adolphe-Félix Cals, Jacques Villon, Frank Myers Bogg, Édouard Vuillard o Émile Othon Friesz. Nelle loro opere le grandi falesie di Étretat, il mare in tempesta, le scogliere, i paesini di pescatori, la vita in riva al mare e gli scorci della campagna normanna sono ritratti in tutta la loro magnificenza. La loro sensibilità ci fa cogliere la qualità specifica della luce del nord della Francia, così diversa rispetto a quella del soleggiato sud, e ci fa assaporare l’esperienza unica che trasmettono quei luoghi.
Devo ammettere di essere rimasta leggermente delusa dalla mancanza di un quadro di Renoir che invece è presente sul catalogo (mancanza non imputabile alla curatela di questa esposizione), ma è un piccolo disguido che non oscura la qualità generale delle opere esposte.