Domenico Varipapa
Domenico Varipapa

Domenico Varipapa e quel senso di inadeguatezza universale

Benvenuto Domenico tra le pagine de ilRecensore.it, la rivista pensata per tutti i protagonisti di questa meravigliosa passione che è la lettura.

Domenico Varipapa - ilRecensore.it

Domenico Varipapa è nato a Crotone nel 1988, vive a Gualtieri dove insegna italiano e opera nel campo socioeduca­tivo.

Ha esordito con un romanzo scrit­to a quattro mani, Talento (0111 Edi­ zioni, 2014), e ha pubblicato racconti e saggi su riviste letterarie.

Nel giugno del 2022 ha pubblicato Celle con vista (L’Erudita, Giulio Perrone Editore).

Il suo romanzo – Il giovane caimano“è un libro che è un inno alla libertà dell’essere ma anche un grido contro l’indifferenza verso la nuova gioventù” ci racconta Gabriel QUI.

Ma veniamo a noi…

1. Perchè scrivi, Domenico?

«Domanda già molto difficile, io scrivo perché è il mio modo di affrontare il mondo, le cose belle e quelle brutte e non riesco a viverle in maniera schietta, sincera e lineare se non riflettendo continuamente su come sarebbe se riuscissi a scriverlo, se potessi metterlo su carta ecco, questa è la motivazione principale, cioè il modo con cui guardo le cose; sempre con l’interrogativo, ‘’ma lo potrei raccontare’’? ‘’potrei scriverlo’’? e quindi questa cosa fa parte di me.

Non è neanche una cosa solo bella nel senso che poi io non ho sempre voglia di scrivere o cose da scrivere ma ormai è diventata una forma mentis con la quale ormai faccio i conti e nel bene e nel male è quello che sento più naturale per me.»

2. ‘’Il giovane caimano’’ perché questo titolo? 
Il giovane caimano di Domenico Varipapa - Abbiamo letto - ilRecensore.it

«Questo titolo è figlio di una riflessione, ma soprattutto di un’intuizione, Serena Cabibbo che è stata l’editor con cui ho lavorato e per molti mesi davvero a stretto contatto; ci sono stato veramente benissimo e, il lavorare con gli editor non è sempre scontato, non è sempre facile lavorare con gli editor, perché vanno a toccare una materia molto sensibile, che è quello che hai scritto te, quindi ci vogliono delle delicatezze, una forma che ti permetta di convivere quasi, e con lei è andata così.

In pratica il titolo originale era ‘’Spaturnati’’, che in calabrese vuol dire ‘’senza padre’’ che era il nome che veniva dato alle persone che non avevano i genitori, e questo raccontava un po’ la scienza dei personaggi maschili.

La figura del padre che nel testo è il grande assente, però quel titolo lì era poco chiaro, poco avvincente e anche molto vicino ad un altro libro. L’intuizione di Serena è stata quella di collegarsi al nome utilizzato da Rino nei videogiochi, cioè nel software che utilizza per giocare di notte e questo si è prestato bene.

Appena Serena me l’ha proposto mi è piaciuto tantissimo e quindi non abbiamo mai lavorato ad altri titoli, appena lei me l’ha proposto quindi viene più da lei che da me.»

3. Questo tuo ultimo libro è un romanzo che parla di crescita ma anche di inadeguatezza: Rino è un ragazzo di 15 anni che si chiude completamente in sé stesso, si sente, appunto, inadeguato. Perchè?  

«Volevo parlare di un’adolescenza non più solo sulla base della psiche che cambia, ma del fisico.

Parliamo troppo poco di adolescenza come ‘corpo’, eppure, è la cosa più forte che cambia di noi.

Ti addormenti che sei un bambino e poi d’un tratto ti svegli coi peli. Il senso di inadeguatezza di Rino parte dal corpo e poi diventa altro, diventa, invece, una inadeguatezza universale: cioè troppe pretese da parte del mondo, degli adulti e degli altri e dei genitori, ma questa è una cosa che possiamo sentire anche io e te, cioè quando abbiamo una pressione alta e ci viene voglia di tirarci fuori da quel senso di inadeguatezza, di non essere a livello rispetto alle cose che ci chiede il mondo. È una cosa che tutti noi possiamo sentire.» 

4. Berlusconi è un’altra figura presente nella tua storia: il nonno di Rino non lo tollera e quando lo vede in televisione inizia a gridare e gli inveisce contro, come è nata la figura del nonno di Rino, ti sei ispirato a qualche membro della tua famiglia e perchè hai inserito la figura di questo politico molto discusso in Italia nel tuo romanzo? 

«Due ragioni: la prima è che quel nonno lì è proprio mio nonno. Ho preso non dico tout court, ma ho rubato a mani basse dalla sua vita e Berlusconi è una delle caratteristiche sue, nasce tutto da una cosa realmente accaduta, mio nonno aveva queste caratteristiche e inserirlo mi piaceva per tenere attaccata alla mia vita il libro, perché c’è molto anche di mio cioè, non così tanto, però c’è molto di personale su alcuni aspetti.

Ci tenevo a raccontare qualcosa di mio nonno, far pace con il mio sud che ho vissuto e non vissuto e in più, lavorando come insegnante d’italiano, quando è morto Berlusconi ero stupito di come i giovani avessero appreso la notizia, per i ragazzi che avevo a scuola era uno di ‘tik tok’, spopolava il suo profilo.

Io, ricordo che andavo a scuola e Berlusconi era divisivo; o era un tuo nemico oppure era un tuo idolo, per quelli che frequentavo io e per i miei amici era un rivale, pensavo che Berlusconi fosse uno contrario alla nostra visione del mondo e questa cosa qua l’ho voluta portare nel libro, però attraverso gli occhi di ragazzi, che attraverso degli escamotage narrativi si trovano a vederlo anche loro come ‘rivale’  indossano la sua maschera, ma è un simbolo quasi carnevalesco, è un confronto col nemico, loro lo indossano quasi per esorcizzare la sua figura.» 

5. Margherita e Gaetano sono altri due personaggi che il lettore conosce nella tua storia: Gaetano è amante del business, punta a fare soldi in maniera veloce e poi c’è Margherita una ragazza cosplayer, ci racconti l’anima di questi due personaggi? 

«Io ho iniziato a lavorare con i ragazzi attraverso la scuola e i progetti educativi, che faccio ancora, e sono delle persone che mi hanno fatto sempre pensare che io ma anche te anche se non ci conosciamo, sfioriamo quella sensazione di tirarci fuori dal mondo e chiudersi in camera, poi c’è chi lo affronta, chi ha un periodo, chi ne fa una vita, ma la sensazione è sempre legata all’inadeguatezza.

Poi ti prende e non ti prende, ma almeno ci sfiora, non si può dire di non aver provato per una volta questa sensazione.

Dall’altra parte c’è questo personaggio, Gaetano, che è legato ai ragazzi che vedo io insegnando, molto spesso c’è questa cosa dei guru del business, è fortissima nelle scuole superiori, ci sono dei modelli (e io li conosco tutti perché poi me li vado a studiare, vado a vedere cosa dicono).

Mi interessava vedere come i miei ragazzi iniziano a parlare come loro e quindi il modello è: andare a Dubai, le criptovalute, ma questa è tutta fuffa… rimangono sempre delusi.

Questa cosa che la vita la possono cambiare davvero in un giro strettissimo di scelte è interessante, che i soldi facili e veloci ti svoltano la vita attraverso un telefono e una connessione Internet, è ovviamente una bugia, un po’ il nuovo sogno americano, secondo me.

Io volevo raccontare questa cosa qua, una nuova forma di sogno americano, che non è più legata al territorio degli Stati Uniti ma può essere a Cirò Marina come a Roma come a New York.

Mi interessava capire dove nasceva e che cosa c’era alla base della grande frottola.

Margherita ha una storia un pochino più complessa, nel senso che il ruolo della cosplayer, è interessantissimo ( io ho conosciuto anche questi ragazzi che attraverso l’uso delle maschere, anche Rino indossa la maschera di Berlusconi, si travestono) però un conto è se ci travestiamo alla nostra età e diventiamo altri, però sappiamo quello che siamo di base,  invece un’adolescente è di per sé in sperimentazione.

Non è una cosa, non è neanche l’altra, e il fatto di travestirsi non è scappare da se o cambiare da sé ma semplicemente un’altra forma di sperimentazione, questo mi piaceva molto e quindi ho inserito lei e lo l’ho voluta raccontare in questa forma.»

6. Proprio su Margherita mi piacerebbe soffermarmi, perché lei indossa delle maschere data la sua passione per il mondo cosplay: citando il titolo di un’opera di Pirandello ‘’Uno nessuno e centomila’’ secondo te le maschere che i ragazzi indossano sono di difesa oppure di conoscenza?

«Ecco è proprio quello che volevo dire, esattamente, non è quella forma che Pirandello racconta, non possiamo, è impossibile, mettere alla pari un adulto e un ragazzo su questo piano, perché lì è pura sperimentazione e secondo me anche gli adulti hanno un margine di sperimentazione attraverso la maschera, però c’è sempre una fuga da sé stessi o comunque una ricerca dell’altro.

L’adolescente lo fa proprio perché non sa quello che è, non sa quello che può diventare e in questa forma qui, molto interessante, i cosplayer hanno tutta una forma interessantissima; proprio negli ultimi anni si sta un pochino rivalutando questa figura che fino a qualche anno fa era vista come degli sfigati legati ai fumetti, poi in realtà se tu ci vai dentro  hanno delle capacità e degli interessi e approfondiscono le cose della vita in una maniera bellissima.» 

 7. Massimo è affetto dalla sindrome di Asperger, com’è il suo rapporto con questa sindrome e qual è il messaggio che vuoi veicolare attraverso questo personaggio? 

«Non lo sa che tipo di rapporto ha con questo con questa sindrome, perché noi tutti sappiamo ancora un po’ poco, sempre di più ma ancora poco rispetto a quello che è. Io vengo dalla scuola che è diventata tutt’una con le certificazioni, oggi la metà della classe ha una certificazione.

In qualche modo da una parte si può dire che c’è un eccesso di burocrazia della psiche ma c’è anche maggiore ricerca e quindi iniziamo a scoprire che se c’è il primo della classe e i primi della classe, poi ci sono gli altri che non è che sono in ritardo rispetto alla parte trainante,  ma semplicemente hanno una diversa modalità di conoscenza e di come si entra nel contatto con gli altri.

Questi ragazzi, gli asperger, per l’appunto, hanno delle caratteristiche tutte loro che sono per esempio, non vale per tutti, ma per Massimo si, un senso di purezza straordinario, qualche difficoltà legata alla comprensione dell’ironia.

Son tutte cose che dieci anni fa facevano pensare a un tipo strambo; invece, oggi sappiamo che c’è una situazione che si può approfondire, siamo più pronti a comprenderle.  Volevo portare alla luce questa nuova forma di normalità e io non volevo raccontarlo come ‘il caso’, e spero che questo venga fuori dalle pagine, cioè massimo è alla pari degli altri, risolve delle questioni nel libro come gli altri, si mette in gioco come gli altri, ma vede il mondo attraverso una luce che non sono quelle degli altri.» 

8. Il tuo romanzo è ambientato anche in Calabria, e qui entriamo a contatto stretto con le origini di Rino, ma qual è la connessione reale tra l’essere umano e il suo luogo d’origine? 

«Rispetto all’origine: non si può fare una persona senza le proprie origini, cioè, si è continuamente in crisi, perché è giusto che sia così, perché siamo sempre in fase di metamorfosi con noi stessi però per conoscersi in profondità, o almeno tentare di ricercare se stessi, bisogna partire da lì, cioè io comprendo chi dice ‘cambio vita e vado a New York’, benissimo!

Però, si dovrebbe partire sempre dal proprio paesello e dalle nostre piccole cose quotidiane: metterle in fila e poi fare delle scelte più grandi.

Le origini servono a dirci ciò che siamo certo non ciò che diventeremo, però senz’altro, da dove veniamo e quindi Io credo che sia fondamentale questo concetto. Un uomo è un essere umano e per partire e mettersi in gioco nella vita deve cominciare da quello che è e da dove viene e, infatti, è quel da dove vieni che  io poi lo l’ho raccontato, Rino,  anche attraverso la pratica dello sfascino; perché credo che nelle nostre origini, nella parte più buia e ancestrale di noi, ci sia di interessante il fatto che ci sia qualcosa di quasi mistico, di magico e di incomprensibile.»

8. Il tuo lavoro ti aiuta a prendere ispirazione per raccontare storie? Se si, puoi svelare da che cosa parte la voglia di scrivere ‘’Il giovane caimano’’? 

 «L’ispirazione nasce proprio dal mio lavoro, posso rubare qua e là dalle vite dei ragazzi. Ti svelo qualche aneddoto: a un certo punto del libro, racconto come alcuni ragazzi col bonus cultura riescono a fare dei soldi, cioè vendendo su Amazon libri usati a prezzi massimi e quindi utilizzando tutti il fondo del bonus cultura che è una cosa che i ragazzi mi hanno raccontato.

Ho preso a mani basse dalla loro vita, dalle cose che ho pensato di loro nel momento in cui le vivevo con loro, e poi c’era l’altra parte che invece è legata a me cioè, sono entrato in connessione con me stesso e la mia ricerca delle mie origini, legate proprio a quella Calabria di cui ho raccontato.

Ma volevo farla con uno sforzo diverso, cioè creando un personaggio che avesse delle caratteristiche che sono anche mie, che sono quelle di Rino, ma sono mie anche quelle di Gaetano e di massimo e di Margherita, quindi praticamente ho costruito un’adolescente ideale che sta a metà tra me e i ragazzi che conosco e ho provato a dividerlo su quattro sfere che mi interessava approfondire; soprattutto partendo dal fatto che volevo fare i conti con il mio passato e il fatto che vengo da una terra che ho abbandonato nella stessa età in cui Rino se ne va, e il mio ricongiungimento non è ancora avvenuto, quindi ho voluto provare a farlo con la carta, ecco.»

10. Dicci tre libri che secondo te tutti dovrebbero leggere e un autore da scoprire o riscoprire, oppure un libro che avresti voluto scrivere. 

«Questa è una domanda molto difficile, perché non è che io abbia dei modelli e quindi faccio fatica a dire ‘avrei voluto scrivere’ quello, ma senza dubbio ci sono dei libri che mi sono entrati sottopelle e che, si, forse avrei voluto scrivere in qualche modo.

1)’’Delitto e castigo’’ di Dostoevskij è fondamentale per capire come è fatta una persona dentro.

2) ‘’L’avversario’’ di Carrère, mi è piaciuto moltissimo per un’altra ragione, lì c’è il male per il male, a me interessa molto.

Poi, Walter Siti un po’ tutta l’opera. L’ho amato alla follia.»

11. “ Quando un libro esce non appartiene più allo scrittore, ma ai lettori… se la letteratura esiste è proprio perché c’è chi riveste le parole degli autori di un proprio significato. Leggere del resto comporta una certa dose di vulnerabilità. Apri le porte di qualcosa che non sai dove ti porterà, né come ti farà sentire. Prevede, insomma, una resa a priori.” Queste le riflessioni di Hanya Yanagihara sul suo rapporto con il lettore, ne condividi l’idea di fondo? È possibile che sia su questa vulnerabilità, propria di ogni lettore, che fanno più presa le tue storie

«Sì, ma anche su un patto che si basa sullo svelamento.

Secondo me è ancora più interessante cioè il che lo scrittore svela qualcosa di sé e del suo mondo, crea un patto con il lettore che quella cosa svelata la si fa insieme e questa è secondo me la forza della letteratura, che è vicina a quello che mi hai appena citato, ma c’è più cooperazione.» 

12. ilRecensore.it ha l’obiettivo di dare voce a tutti gli attori della filiera editoriale. C’è una categoria di professionisti nel percorso di ogni libro, che secondo te ha un’importanza vitale e di cui si parla sempre troppo poco?

«È l’editor, un grillo parlante che sta sempre sulla spalla dello scrittore che ti dice: sei sicuro che sia la scelta giusta? affidarsi un pochino è anche scendere dal piedistallo, affidarsi ad un editor ti fa vivere in maniera più serena, pensa che la mia editor è la mamma del titolo del mio libro, in qualche modo poi è vero che è tutto collaborativo, a me piace dirlo, mi piace molto questo titolo, forse a me non sarebbe venuto.

Si parla poco dell’editor, molto di più rispetto ad anni fa, però il suo ruolo è molto importante, al di là di quello che si si vede.»

Grazie mille Domenico per la disponibilità 🙂

Autore

  • Patty

    Socia fondatrice della Rivista ilRecensore.it SEO Content Creator, traduttrice, Blogger e firma di interviste e recensioni su vari siti letterari. Cresciuta a Goethe e cioccolata, ho trascorso gran parte della vita tra l’Italia, la Germania e la Francia, apolide nel Dna tanto quanto nel Pensiero. Gli studi classici prima e Scienze Politiche poi, hanno sviluppato il mio senso critico, sfociato poi nella mia vita da BookBlogger. Sono sempre in cerca della storia perfetta. In borsa porto Joyce e Jackson, le penne che compro in giro per il mondo e tanta passione.

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