la vita normale di Yasmina Reza - ilRecensore.it
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La vita normale di Yasmina Reza 

La vita normale – frammenti aguzzi di umanità

«Per me il tribunale è un luogo di osservazione come un altro, come la strada, o la mia camera da letto» ha risposto Yasmina Reza quando le è stato chiesto perché, da quindici anni, segua processi, oscuri o clamorosi, in giro per la Francia.

«Colui che crediamo altro da noi non lo è» afferma Reza, che, lasciando ai cronisti giudiziari il loro mestiere e alla giustizia di cercare (invano?) un senso nel caos, preferisce fare un passo di lato – e ogni volta spiazza il lettore.

Senza curarsi di proclamare verità universali e concentrandosi invece su «frammenti di umanità» – un gesto, una frase, una postura, un dettaglio dell’abbigliamento –, Reza riesce a cogliere, nelle esistenze degli imputati, dei testimoni e delle vittime, qualcosa che non di rado alla giustizia sfugge, e che a quelle esistenze ci accomuna.

È «La vita normale», che segue come un’ombra la sua controparte assassina, sovrapponendosi continuamente a essa. Come nel caso della donna che, un mattino di novembre, «incalzata, spinta da una forza senza nome», esce di casa per andare su una spiaggia ad abbandonare sua figlia alle onde, e poi torna a chiudersi nell’opacità della sua esistenza, «presente senza esserlo, come a strapiombo su sé stessa».

A lei e ad altri fantasmi è dedicato questo libro. Fantasmi che irrompono sulla scena accanto a quelli dell’autrice, che ha la capacità, propria solo dei grandi scrittori, di insinuarsi nella psiche del lettore senza lasciargli il tempo di comprendere ciò che ha appena letto.

“A essere sotto processo è la vita. La sua imperfezione”

Récits de certains faits, titolo originale de La vita normale, tradotto per Adelphi da Davide Tortorella, riporta il gusto teatrale di ogni scritto della drammaturga Yasmina Reza, autrice dal fascino cosmopolita, incantatrice di parole spietate, di torbidi palcoscenici umani.

Il tempo di un girotondo di neanche duecento pagine e l’autrice affonda la lama nelle crepe di un mondo che fatica a determinarsi, attraversato da un cast di figuranti, assenti a loro stessi, impermeabili alle sfumature della realtà, a volte incoscienti e sempre alla ricerca di una pirandelliana menzogna dietro la quale nascondere il loro vero volto. 

La vita normale è una costellazione di storie, immagini, dialoghi rubati alla traccia del tempo, frammenti di vita trafugati ai salotti veneziani, alle mostre cinematografiche, curiosamente intervallati da affilati resoconti dei mille processi a cui Reza ha assistito per più di quindici anni. 

“Certe volte più che di un processo si tratta di una brusca immersione in una vita”

È sulle panche consumate di legno e sudore, nelle aule della giustizia, che si affaccia l’esistenza nella sua accezione più sfrontata e impudica, quasi a voler pretendere, che il Male si possa spiegare.

Qui incontriamo confessioni anche troppo reali.

Humbert che ha sterminato la famiglia del cognato, facendo a pezzi ed eviscerando i corpi, incitato dalla giudice a raccontare ogni dettaglio, nel tentativo folle di dare la caccia a una verità irrisoria e chimerica. 

Jonathann, sprofondato in una infelicità occulta da anni, che uccide la moglie solo per essere lasciato in pace.

Corinne, protagonista di un caso di tentato omicidio/suicidio, una madre il cui grido di dolore e fatica si spegne in gola, soffocando ogni scintilla vitale, ogni speranza. 

Poi c’è Dalila, che ha fatto una strage sulla metropolitana, Olivier l’avvelenatore, il gangster Robert Dawes, Tarik lo stupratore… la triste commedia umana recita a soggetto, in un monologo evanescente, solipsista, cieca di un futuro che non ha neanche provato a immaginare.

Accanto ai tribunali, c’è Reza che ricorda… i Natali mancati, gli amici scomparsi, la noia di Calasso, i libri mai letti, Sarkozy, la bimba Doria, Herzog, e i luoghi vissuti.

Venezia avvolge la scena nella sua evanescenza e con il suo abbraccio altero e un po’ snob, diventa l’alter-ego della scrittrice, che percorre le sue calli con l’eleganza di una raffinata e distaccata compassione.  

Chirurgica e feroce è la penna di Yasmina Reza, che non tentenna neanche un attimo, nemmeno il tempo di un sospiro, per disvelare l’abisso delle nostre debolezze, metodicamente arginate dentro gesti abituali, sotto gli abiti del buonsenso, in un continuo gioco di specchi convessi.

A nobilitare una materia narrativa così ferina, vi è l’attitudine scenica della scrittrice, che riesce a sospendere il narrato in un limbo brumoso, quasi poetico.

Un non-luogo in cui ogni giudizio è superfluo e si odono solo gli echi di passi lontani…

Le microstorie, le piccole gocce di mercurio di Manganelli, si consumano nello spazio di una pagina, ma lasciano impronte, piccole e sottili, a ricordarci quanto sia effimera la nostra percezione della vita e del tempo.

“Fra i morti ho un bel po’ di amici.

Ci sono quelli che ho conosciuto da vivi, e gli altri.

Questi ultimi non sanno (o magari sì?) che sono amica loro.

Tutti quanti hanno reso più bella la mia vita.”

Drammaturga, scrittrice, attrice e sceneggiatrice francese, le cui opere teatrali sono state adattate e rappresentate in molti Paesi e hanno ricevuto svariati premi.

Figlia di un ingegnere iraniano e di una violinista ungherese di origine ebraica, comincia la sua carriera teatrale come attrice, partecipando a rappresentazioni di opere contemporanee e di classici di Molière e Marivaux. La prima pièce da lei scritta, Conversations après un enterrement, rappresentata per la prima volta nel 1987, la vale il Premio Molière come miglior autore; La traversée de l’hiver vince invece il Molière come miglior spettacolo regionale.


Il successo internazionale arriva con l’opera successiva, Art (1994; Einaudi 2006), tradotta e rappresentata in oltre trenta lingue, per cui la Reza viene nuovamente premiata con il Molière per il miglior autore, il Premio Laurence Olivier e l’Evening Standard Award come miglior commedia (1997) e il Tony Award per il miglior spettacolo (1998); il romanzo Babylone, pubblicato da Flemmarion, ha vinto invece il premio Renaudot (2016).


Tra le sue pubblicazioni: Al di sopra delle cose (Archinto 2000), Una desolazione (Bompiani 2003), Uomini incapaci di farsi amare (Bompiani 2006), L’alba, la sera o la notte (Bompiani 2007), Il dio del massacro (Adelphi 2011), Da nessuna parte (Archinto 2012), Felici i felici (Adelphi 2013), Babilonia (Adelphi 2017), «Arte» (Adelphi 2018), Bella figura (Adelphi 2019), Anne-Marie la beltà (Adelphi 2021), Serge (Adelphi 2022), La vita normale (Adelphi 2025).

Autore

  • Patrizia Picierro

    Socia fondatrice della Rivista ilRecensore.it SEO Content Creator, traduttrice, Blogger e firma di interviste e recensioni su vari siti letterari. Cresciuta a Goethe e cioccolata, ho trascorso gran parte della vita tra l’Italia, la Germania e la Francia, apolide nel Dna tanto quanto nel Pensiero. Gli studi classici prima e Scienze Politiche poi, hanno sviluppato il mio senso critico, sfociato poi nella mia vita da BookBlogger. Sono sempre in cerca della storia perfetta. In borsa porto Joyce e Jackson, le penne che compro in giro per il mondo e tanta passione.

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