Incontro con Maurizio de Giovanni su “Il pappagallo muto” al Salone del Libro di Torino
Torino, Maggio. Il Salone del Libro accoglie un ritorno attesissimo, quello di Sara Morozzi. E a raccontarcelo è proprio lui, Maurizio de Giovanni, che con Il pappagallo muto firma una nuova, potentissima pagina della sua amata protagonista.

Sara, l’invisibile che vede tutto
“Sara è tornata,” esordisce con un sorriso de Giovanni, “ed è da sempre la mia serie preferita. Non è mai stata la più amata dal pubblico, forse, ma è la mia preferita. Scrivere di lei è sempre un’esperienza intensa, perché Sara ha un superpotere raro: Sa ascoltare. E siccome sono convinto che più andiamo avanti più l’ascolto diventa una cosa per pochi e chi riesce a farlo in modo sistematico, ha un potere in più degli altri. ”
In un mondo in cui tutti parlano e pochi ascoltano davvero, Sara emerge come un personaggio radicalmente diverso. Lontana dagli stereotipi dell’investigatore classico, lei è invisibile, silenziosa, acutissima. E in Il pappagallo muto, questo suo dono diventa ancora più centrale: in un contesto internazionale in cui l’ascolto, quello vero, può fare la differenza tra la vita e la morte.

Il romanzo, spiega l’autore, si innesta su un asse narrativo che si credeva perduto, quello della grande spy story alla John Le Carré, capace di mostrare non supereroi ma uomini e donne segnati, feriti, dolenti. “Stiamo tornando a un mondo che somiglia pericolosamente a quello della Guerra Fredda,” dice. “Ma oggi è ancora più complesso: non c’è più un nemico riconoscibile, non c’è più una linea netta tra i blocchi. La politica internazionale è diventata una mappa spezzata di interessi divergenti, anche all’interno delle stesse alleanze.”
E proprio lì, tra le faglie del potere globale, si muove Sara. Non è più in pensione, non è più ai margini: ritorna operativa. E lo fa con Andrea, l’adorato e sorprendente compagno d’avventura, cieco eppure chiaroveggente. Insieme formano una coppia inafferrabile, due “vecchietti” che nessuno prenderebbe sul serio. Ma è proprio questa la loro forza. “Viviamo in un mondo fondato sulle apparenze,” sottolinea de Giovanni. “E loro sono invisibili. Ma l’invisibilità è potere puro.”
Un romanzo di ombre e ritorni
Il pappagallo muto è molto più di un nuovo capitolo. È un punto di svolta. Il ritmo è serrato, i registri narrativi si intrecciano con naturalezza e profondità, e i personaggi evolvono in direzioni impreviste. Sara, in particolare, sembra rinata: “Negli ultimi romanzi era ripiegata su se stessa, come una vedova indiana,” racconta l’autore. “Ora invece accetta di tornare in campo, anche per egoismo. Perché ha ancora voglia di incidere, di contare.”

Accanto a lei, prende sempre più piede Viola, personaggio giovane, forte, determinato. “Viola potrebbe essere la nuova Sara,” ammette de Giovanni. “Non una sostituta, ma una continuazione. Ha il senso della responsabilità, e una fame di futuro che la spinge a seguirla, anche contro la sua stessa volontà.”
E proprio questa dialettica generazionale diventa uno dei temi più interessanti del romanzo.
Sara e Andrea rappresentano un mondo artigianale, analogico, umano. Un mondo che si oppone — non con violenza, ma con intelligenza — alla deriva tecnologica e iperconnessa.
“La tecnologia fa paura,” osserva lo scrittore. “E le nostre storie nascono sempre dalla paura. Prima era il terrorismo, poi l’ideologia, poi il crimine. Ora abbiamo la tecnologia e la geopolitica. Ma la paura è sempre fertile, se la si sa raccontare.”
Una serie che non tradisce i lettori
Il 3 Giugno, Sara Morozzi approderà su Netflix con una serie interpretata da Teresa Saponangelo. E per una volta, de Giovanni si dichiara soddisfatto. “Io non parlo mai delle serie tratte dai miei libri. Ma questa… questa è diversa. Rispetta il testo, i personaggi respirano, la scrittura è per chi legge. Non per la prima serata generalista, ma per chi ama la complessità.”

E proprio nella serie, come nel libro, torna forte il tema dell’elemento umano. Sara non è solo un agente in disuso, è la carta imprevista che scompiglia il mazzo. In un’epoca di sorveglianza digitale, intercettazioni e algoritmi, è lei — insieme ad Andrea — a ribaltare i giochi.
“È come se in una squadra primavera ti ritrovassi un fuoriclasse già tesserato, che nessuno aveva visto arrivare,” dice con entusiasmo. “E quello fa la differenza. Sara è l’anomalia che spiazza. È l’ultimo elemento artigianale in un mondo che crede solo nelle macchine.”
Un futuro ancora da scrivere
Il futuro di Sara Morozzi è incerto, come quello di Teresa, la sorella di vita, che in queste pagine mostra un lato inquietante, quasi misterioso… De Giovanni non si sbilancia. “Scrivere è un atto di ascolto. Come Sara, anche io aspetto. Aspetto che lei mi parli.”
E nel frattempo, ci lascia con l’idea che molto possa ancora accadere. Che Sara, con i suoi ferri vecchi, le sue scarpe comode e il suo sguardo acuto, abbia ancora qualcosa da insegnare. A noi lettori. Ai servizi segreti. Al mondo intero.