Viaggio al termine della vita - Abbiamo letto - ilRecensore.it
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Viaggio al termine della vita di Tezer Özlü

Viaggio al termine della vita

All’incrocio tra diario di viaggio, biografia romanzata e prosa poetica, questo testo ci conduce tra treni, aerei, autobus e stazioni in un pellegrinaggio letterario nella Mitteleuropa degli anni ottanta. 

Mossa da un’urgenza di vivere, di sperimentare, di superare i propri limiti fisici e mentali, Tezer Ozlü parte, da una Berlino ancora divisa, sulle tracce di Kafka, Svevo e (soprattutto) Pavese, gli scrittori che hanno più profondamente influenzato il suo immaginario. Berlino, Praga, la Jugoslavia, Trieste, Torino, Santo Stefano Belbo rappresentano dunque le coordinate di questo viaggio, che l’autrice compie anche dentro sé stessa e nella scrittura. 

I temi affrontati richiamano quelli degli esistenzialisti del Novecento, ma lo sguardo è quello di una donna moderna di un paese “dell’Est” che avverte in tutta la sua intensità la distanza tra sé e il mondo attorno. Tra ricordi d’infanzia in Turchia, un passato negli ospedali psichiatrici, un presente nelle grandi città europee e numerose avventure amorose, il romanzo ripercorre epoche e geografie nello spazio dell’anima della scrittrice. Uno spazio che vuole ampliarsi oltre tutti i confini.

La prima parte di recensione spetta a un cliente che ogni mattina passa davanti alla libreria dove lavoro, si volta e mi saluta.

Ordina questo libro, Viaggio al termine della vita, che già avevo adocchiato tra le novità in uscita ma che avevo completamente rimosso. Subito penso ci sia un errore e chiedo se non stia cercando Viaggio al termine della notte, di Louise-Ferdinand Céline, edito da Corbaccio (perché delle sviste ci stanno, le abbiamo anche noi che siamo quotidianamente immersi nei libri…).

Non è così e mi dice che l’ha già letto, che questo è un nuovo libro, in uscita. Lo cerco, guardo la copertina, e mi dico: “toh, va che idiota che sono, che pessima memoria”. Libro ordinato. Passa una settimana, il libro arriva, il cliente lo prende, va via e per un po’ passa davanti e solo saluta.

Settimana scorsa entra, prende un libro (è ovvio che io non ricordi cosa) e non posso non chiedergli se l’abbia o no terminato Viaggio al termine della vita e che cosa ne pensi, se sia interessante o no. Tralascio le varie ricerche fatte per convincermi a prenderlo (sono alle prese con le ultime 200 pagine di Infinite Jest e ho pensato non fosse una buona idea caricarsi — spoiler: cosa che tanto non viene mai rispettata — già con la prossima lettura). 

Seguono la recensione del cliente – per quanto io riesca a ricordare, riporterò fedelmente la sensazione percepita – e poi la mia.

«È la storia di questa donna che si mette in viaggio sulle orme dei suoi autori preferiti: Kafka, Svevo, Pavese. Che cosa posso dire, non lo so. Devo ancora terminarlo, mi mancano poche pagine, ma è assurdo. È assurda la vita, ha ragione lei. Non ha senso. Uno vive e poi viene a sapere che quel tizio, più giovane di noi, è morto. Non lo so. Non ha senso la vita».

Quel che ci unisce è il fenomeno che abolisce il tempo” sono tra le prime parole che Tezer Özlü scrive in questo che è un diario intimo di viaggio e di vita. Tezer non nasconde affatto il suo amore passionale e carnale per la vita. E questa sua estrema libertà, questa rara vitalità, ci travolge fin dalle prime pagine.

«Ti si è avvicinato un italiano che vendeva bambole in un carrello. Ha detto che per tutta la vita ha sentito la mancanza di una donna come te. “Resta con me,” ha detto».

Si ricordi questa frase, servirà alla fine di questo puzzle esistenziale.

Viaggio al termine della vita è sì un diario di viaggio concreto con destinazione finale Torino-Santo Stefano Belbo, quest’ultima città natale di Cesare Pavese, ma è anche un diario di viaggio astratto in cui la vita singolare — in questo caso quella dell’autrice — coincide e si misura con la Vita come esperienza cosciente e, proprio per questo motivo, insaziabile.

Insaziabile risulta proprio essere un termine caro a Tezer che a un certo punto si domanda, dopo essersi quasi convinta che non ne uscirà soddisfatta, se sia possibile sentirsi appagati. È con questa fame di vita, in compagnia di estratti e riflessioni prese in prestito da Pavese, che l’autrice si presenta e ci accompagna per tutta la narrazione. 

Le città del presente si mescolano con le città del passato: la Germania (divisa ancora tra Est e Ovest dal muro), proprio in quel luogo dove vent’anni prima si era scambiata un bacio con un ragazzo, ora è spazio di riflessione: 

è forse impossibile realizzare l’amore anche quando i corpi entrano l’uno nell’altro? L’amore è insaziabile, siamo soli perfino in quel momento di svuotamento infinito? Al momento della nascita. Al momento della morte”. 

Nel non-senso della vita, Tezer Özlü mette bene in pratica l’insegnamento di Novalis ([…] Quando conferisco al comune un senso più elevato…): ogni sua domanda, ogni suo scrutare, toglie il velo a quella quotidianità che viviamo ormai passivamente.

Non bisogna mai dimenticare che: “Quando non apporti niente ai giorni, i giorni non ti portano niente”. Chi lo sa se per la inconsapevole influenza di Pavese, a un certo punto della sue riflessioni, Tezer esprime un pensiero che ricorda vagamente Whitman: 

Cos’è che rende così difficile ogni aspetto della vita? Le parole. Ed essere ogni cosa nello stesso momento: donna, uomo, bambino, adulto, mare, sole, notte, mattina, paura, coraggio, infinità, limitatezza, buio, nuvola, amante, amato, chi si ferma, chi comprende, chi non capisce, chi è nato e chi no, un niente che esiste e non esiste”. 

Voracità di pensiero e di espressione che ricordano un altro bellissimo libro: Acqua viva, di Clarice Lispector, edito Adelphi (la Tezer risulta meno oscura e la lettura meno impegnativa).

Per “concludere” il puzzle e non perdersi troppo, arriviamo al dunque. Tezer Özlü è stata una donna libera, vorace, intellettuale, piena di passione, di storie. La sua scrittura rapisce, le sue riflessioni smuovono, turbano, accennano un sorriso.

La meta finale del suo viaggio è Torino-Santo Stefano Belbo, sono i luoghi calpestati da Pavese. A un certo punto del racconto, la Özlü, che si sta avvicinando a Torino, dice: 

Sento che il mio più grande amore, la persona a me più vicina, è quel morto. Il mio amore per lui si riaccende. Come se dovessimo abbracciarci, fonderci nel dolore, nell’amore cui non abbiamo creduto”. 

In una vita come quella di Pavese, difficile e con una situazione sentimentale tormentata, fa pensare che trentuno anni dopo il suo suicidio una giovane donna, bella, molto vitale, vada a cercarlo nei suoi luoghi, così desiderosa, con così tanta passione. Cesare Pavese ha aspettato per una vita. Quasi una vita, prima di convincersi che non sarebbe mai accaduto. 

Tezer Özlü - Viaggio al termine della vita

Brevi e incandescenti sono state la vita (Simav, 1943 – Zurigo, 1986) e l’opera di Tezer Özlü, che ha pubblicato due romanzi divenuti rapidamente di culto in Turchia: Le fredde notti dell’infanzia e Viaggio al termine della vita.

Dall’età di diciotto anni questa donna libera, perseguitata dalla follia, innamorata degli uomini e della vita, ha vissuto a Parigi, Ankara, Istanbul, Berlino e Zurigo, dove è morta di cancro.

I suoi scritti si collocano sulla scia di quelli di Antonin Artaud, Jean Genet e Sait Faik, che come lei hanno raccontato l’emarginazione.

Autore

  • Luca de Vincentiis

    Sono Luca de Vincentiis, con la “d” minuscola (perché secondo il nonno paterno s’ha da scrivere così) e due sono le benedette “ii” alla fine del cognome. Nato a Sanremo, città dei fiori, della musica, di mare e dal meraviglioso clima, lavoro alla Ubik Sanremo libri (ex Mondadori e no, non è una Feltrinelli). Sono felicemente libraio e genitore di tre libri di poesia: “Alla ricerca degli istanti perduti”, Gruppo Albatros Il Filo, 2021; “Amore e discordia”, L’Erudita, 2022; “Fiori da ponente”, Edizioni Ensemble, 2024. Faccio parte di un collettivo di poesia che si chiama Il Vivaio del Verso e mi piacciono la fotografia, la pizza, la pasta col tonno, il vino rosso (non meno di 14 gradi) e la birra rossa. Mi piacciono anche altre cose. Sono Sagittario: ometto ma non mento.

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