Sara Bilotti e quella magnifica esaltazione …

Sara Bilotti: scrittrice e traduttrice

Sara Bilotti - La voce degli esperti - ilRecensore.it

Sara Bilotti nasce a Napoli nel 1971, dove vive e lavora. Si dedica per molti anni a studi linguistici e filologici, alla traduzione e all’insegnamento della danza.

Nel 2012 esce la sua raccolta di racconti, Nella carne, per Termidoro editore.

Nel 2015 la trilogia L’Oltraggio, La Colpa e Il Perdono, per Einaudi Stile Libero, pubblicata poi in Germania nel 2016 da Blanvalet Verlag.

Partecipa con i suoi racconti a numerose antologie, tra cui Nessuna Più (Elliot), dedicata alle vittime del femminicidio, e Una mano sul volto (Ad Est dell’Equatore), un progetto di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.

A marzo 2018 esce la sua prima traduzione letteraria, pubblicata da Minimum Fax.

A maggio 2018 il romanzo I giorni dell’ombra per Mondadori, pubblicato nel 2021 in Spagna, in lingua catalana, da Crims.cat 

Nel 2021 esce il romanzo breve Tornare, edizioni San Gennaro.

sara Bilotti - Eden - Harper Collins - la voce degli esperti - ilRecensore.it

Nel 2022 pubblica il romanzo Eden, HarperCollins

1. Rompiamo subito il ghiaccio con una domanda che racchiude mille possibilità: Come si diventa traduttore e quale è stato il tuo percorso professionale. 

«Ero in un periodo di crisi professionale: desideravo crescere come autrice ma da me ci si aspettava che restassi legata a un filone che stava avendo piuttosto successo.

Così ho deciso di prendermi una pausa di riflessione, e il mio agente, Luca Briasco, che è anche un grande traduttore, mi ha chiesto se volessi mettermi alla prova come traduttrice. In fondo, avevo alle spalle studi all’estero e tre romanzi.

Ho cominciato per gioco, ma mi sono subito appassionata. Con Briasco ho studiato per molto tempo, prima di arrivare a tradurre un romanzo: sono stati mesi entusiasmanti.» 

2. Tu sei autrice e traduttrice: trovi che tra queste due attività avvenga una sinergia oppure, al contrario, pensare da autore rende difficile “farsi da parte”?

«Se non sei un autore con un ego ipertrofico –  cosa rara, me ne rendo conto! -, tradurre ti permette di prendere le distanze da te stesso: è un vero sollievo.

Ci sei, con le tue esperienze e la tua sensibilità, ma solo al servizio di altri. Adoro questa possibilità, mi permette di imparare molto anche su me stessa, non solo sull’autore che sto traducendo.» 

3. Ci sono vari modi per approcciarsi ai testi da tradurre, da quello più letterale all’approccio più creativo e libero tipico delle traduzioni Anni Sessanta, e forse la versione di Sulla strada di Kerouac ad opera di Fernanda Pivano ne è l’esempio più lampante. Quale strada scegli di solito?

L’ideale sarebbe trovare un equilibrio, ma ciò è possibile in poche cose della vita. Dunque tento di restare fedele al testo e rispettare l’autore.

La fedeltà al testo per me risiede nel tradurre il pensiero, più che le parole, ma naturalmente non sovrappongo mai la mia voce e il mio stile a quello dell’autore che sto traducendo.» 

4. Il tuo mondo narrativo è per lo più quello statunitense, da dove nasce questa scelta?

«Dalla passione per la letteratura americana e dagli studi con Luca Briasco, che è un esperto e sensibile americanista. Amo in particolare il minimalismo, la capacità di molti autori americani di descrivere con efficacia situazioni e stati d’animo senza utilizzare orpelli.» 

5. Il lavoro di traduttore presuppone una elevata propensione al mimetismo e all’empatia.  Bisogna vestire i panni dell’autore a cui si deve dare voce e colore. C’è stato un autore in particolare che in qualche modo ti ha “respinta” e per contro, un altro con cui hai trovato maggiore affinità?
Sara Bilotti traduttrice de La bastarda della Carolina di Dorothy Allison - ilRecensore.it

«Ho trovato grande affinità con Dorothy Allison: la sua Bastarda della Carolina (Minimum fax)  è, tra le altre cose, una storia di abuso familiare e io mi occupo da anni, come posso, di violenza familiare e abuso infantile.

L’ho trovato un libro potentissimo, sincero come pochi, e sono onorata di averlo tradotto. 

I romanzi, più che gli autori, che mi respingono sono solitamente quelli che vengono “prelevati” dalla rete (tipo certe storie su wattpad) e pubblicati senza un lungo lavoro di editing: sono oggetti per un consumo distratto, dunque mi annoio.

Ma non chiedermi di fare nomi!»

4. Tra le sfide più ostiche per i traduttori ci sono testi come l’Ulysses di Joyce o il moderno Casa di Foglie di Danielewski. C’è un testo o un autore che ti piacerebbe sfidare?

«Temo sia troppo presto, per me: per tradurre autori come quelli che hai citato servono moltissimi anni di esperienza.

Se proprio devo sognare, mi piacerebbe tradurre Donna Tartt e Bret Easton Ellis, gli autori contemporanei che amo di più.» 

5. La lingua, come la società, si evolve e cambia in continuo. Come affronti un testo che risente del logorio del tempo? E come si può rendere attuale e comprensibile  una frase gergale, una battuta spiritosa o una digressione dialettale?

«È un lavoro lungo, ma appassionante. Trovare gli equilibri lo è sempre.

Un testo che risente del logorio del tempo, tuttavia, non va stravolto: si perderebbe il senso del viaggio, e diventerebbe impossibile tramandare modi di dire, digressioni, modi di pensare del passato.

Si cerca magari di rendere il romanzo più fluido, senza mai farlo diventare contemporaneo.»   

6. Da autrice di Thriller, ti ha emozionato confrontarti con la traduzione di un mostro sacro come Lansdale?

«È stato bellissimo, che te lo dico a fare?

Quando traduco Joe finisco preda di un’esaltazione difficile da descrivere.

E poi rido un sacco, da sola davanti al pc, come una matta.

Ogni tanto sono impazzita anche sulle sue battute, ma la soddisfazione di trovare un modo efficace per tradurle senza perdere la sua particolarissima ironia non ha prezzo.» 

7. Dal testo di partenza a quello di arrivo si attua una profonda riconfigurazione ed è quello il momento in cui il traduttore inevitabilmente lascia qualcosa di sè. La sua regionalità, la sua identità di lettore, la sua emotività, l’impulso innovatore o conservatore…Quale impronta hanno le tue traduzioni?

«Spero di lasciare solo le chiavi giuste per entrare nella mente dell’autore.

Il mio amore per le parole. Il tempo che ho dedicato a non tradire, a dimenticarmi di me.

La sensibilità nei confronti dei temi trattati.»

8. Nell’era del Dio digitale l’offerta di applicazioni, softwares e tools utili a tradurre ogni tipo di testo, di qualsiasi idioma esistente, ha cambiato il ruolo del traduttore. Come ti rapporti con questi “attrezzi”  e con tutto ciò che ne consegue?

«Non uso traduttori online perché mi condizionano.

Urban Dictionary però è diventato il mio amico del cuore: non so come farei, senza di lui, a tradurre lo slang.

Capisco i traduttori del passato, che a volte erano costretti a eliminare dalla traduzione interi passaggi. 

Detto ciò: confesso di avere molta paura.

So che alcune applicazioni riescono a tradurre in modo raffinato. Certo, nulla può sostituire la sensibilità di un traduttore in carne e ossa, ma la domanda è questa: l’editoria e i lettori ci considereranno ancora insostituibili? 

Francamente, non ne sono certa.»

9. So che hai un nuovo libro in uscita in primavera: puoi anticiparci qualcosa?

«Sì! Si chiama La Punizione, uscirà per HarperCollins.

È la storia di una donna che non è stata punita dalla legge per un atto orribile che ha commesso, dunque decide di punirsi da sola andando a vivere in un’isola piccolissima del mediterraneo, una sorta di prigione autoinflitta.

Ma presto sull’isola arriveranno le persone a cui ha fatto del male e si comporteranno se nulla fosse accaduto…  (Grazie) 

Baci!

Sara

Autore

  • Giovanni

    Scrittore, fotografo, Sales Executive di una delle principali Software House italiane, esperto di informatica, è stato cofondatore del Blog Thrillerlife ed è socio fondatore della associazione culturale IlRecensore.it e della omonima rivista online.

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