La femminanza - ilrecensore.it
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La Femminanza di Antonella Mollicone 

La femminanza: La Cerchia delle donne, il sapere antico che cura, resiste e rinnova

Nell’Italia del ‘900, una Cerchia di donne si riunisce per trovare la propria libertà

Alla Rocca, paesino del Lazio meridionale, tutti conoscono i Maletazzi, i signori che vivono nel più bel palazzo del centro. Però solo Camilla, la più giovane della famiglia, sa quanti segreti si nascondono tra quelle stanze, quanto dolore. Un dolore che lei custodisce in silenzio finché, nell’autunno del 1920, Peppina, la levatrice e chiudiocchi del paese, non l’accoglie nella Cerchia, un gruppo di donne che si ritrova per condividere fatiche e saperi.

Alla Cerchia si preparano decotti e medicamenti, si fila la lana, si raccontano storie e si scambiano confidenze, senza timore di essere giudicate o rifiutate: che siano ricche o povere, giovani o anziane, tutte le donne trovano nella Cerchia rifugio e comprensione, in nome di quella femminanza che da sempre è scintilla di vita e legame di sorellanza. E che per Camilla diventa il balsamo capace di curare le ferite del passato, permettendole finalmente di aprirsi all’amore di suo marito.

Dopo di lei, anche sua figlia Viola trarrà conforto dal sapere antico della Cerchia. Cresciuta tra le rovine della guerra e l’entusiasmo della ricostruzione, Viola è divisa tra il desiderio di studiare e affermare la propria indipendenza e la passione per un uomo che invece vorrebbe relegarla al ruolo di moglie e madre. E ancora una volta saranno le donne della Cerchia ad aiutarla, facendole capire che il vero amore non limita, ma libera.

Attraverso una scrittura palpitante, capace di restituire la materia viva delle emozioni e la forza concreta del quotidiano, Antonella Mollicone compone una saga familiare al femminile che attraversa mezzo secolo di storia italiana, dall’ascesa del fascismo al boom economico, passando per la seconda guerra mondiale e il bombardamento di Montecassino.

“Vincenzo’, non ricominciamo la solita tiritera. Ognuna di noi può, anzi deve fare quello che le piace. Non è una questione di scuola, ma di anima”.

Si possono dedicare anni alla stesura di un romanzo? Fare delle proprie radici una storia travolgente, che piglia lo stomaco del lettore e diventa universale poiché, tra le pagine, si possono ritrovare brandelli della propria vita?

Antonella Mollicone ha fatto proprio questo: ha iniziato da ragazzina a prendere appunti e scrivere una storia che parlava della sua terra, Rocca d’Arce, nel Lazio meridionale, partendo dai ricordi di sua nonna Peppina, per scrivere un romanzo capace di parlare a molti.

Tra romanzo familiare, storico e anche di formazione, La Femminanza conquista i lettori per la scrittura vera, autentica, fatta anche di piccoli gesti quotidiani e descrizioni di un mondo che ormai non ci appartiene e frasi dialettali che rendono i personaggi autentici.

Per scrivere questo romanzo, ci sono voluti ben dieci anni in cui l’autrice ha preso appunti, studiato, fatto ricerche storiche sulla vita, il dialetto, la quotidianità di un piccolo paesino del Lazio, Arce. Protagoniste donne che hanno il coraggio di affrontare la vita e si aiutano attraverso la Cerchia e la Femminanza. 

Ma cos’è la femminanza?

«…e, se i mariti o i padri o i figli si azzardavano a contraddirla, faceva esplodere la femminanza. Così la chiamava quella veemenza di corpo e lingua contro ogni loro prepotenza, con cui era capace di sbattere tutti fuori dalle case loro a mazzate di scopa. E la tirava fuori a ogni occasione buona, come fosse una guerriera santa della Bibbia

Peppina è colei che coordina la Cerchia. Da ragazzina doveva fare una scelta: o la levatrice o la chiudiocchi, ma Peppina, e lo scopriamo pagina dopo pagina, battuta dopo battuta, le regole le scrive non le subisce e le sue mani accolgono la vita o li accompagnano nell’ultimo viaggio. Fa entrambe le cose e lo fa con amore e devozione.

Accanto a sé adesso c’è Camilla e la ragazza vuole seguire le orme della donna ma il percorso è lungo e Camilla, Peppina lo sa, deve prima superare il suo male interiore, il suo dolore legato alla figura della madre Anna. La donna era stata colta da un male che l’aveva fatta morire lentamente.

Camilla si sente in colpa per il male che aveva preso la madre. Era una sera importante, una di quelle che legano madre e figlia, un momento dolce che si trasforma in tragedia, in colpa e vergogna.  Oppure in rabbia e quel male la coglie e non la lascerà mai fino a farla morire. Le ingiustizie restano nell’aria. Spesso non si paga per il male fatto e chi lo subisce vive come se avesse della mollica di pane incastrata nella gola che ti fa soffocare. E la femminanza serve anche a porgere un bicchiere d’acqua fresca nel momento più difficile, quando non hai via d’uscita, quando vuoi urlare e spaccare un manico di scopa in testa a chi ti ha fatto del male.

Nella Cerchia le donne si raccontano, sono loro stesse e mentre filano, ricamano, creano maglioni o infusi parlano e si confrontano senza tabù.

«Se una non sa guidare l’ago e il filo, non saprà guidare manco la vita sua»

Conosciamo queste donne: Peppina che ormai anziana è tutta dolori e le ossa sono come attorcigliate ma continua a guidare le altre, a pulire i corpi delle donne per il loro ultimo viaggio, a mettere le sue mani dentro le partorienti.

E c’è Camilla, che entra nella Cerchia dopo il matrimonio con Aldino, che grazie alla femminanza supererà i suoi complessi e le sue paure per vivere in serenità la vita matrimoniale e creare una famiglia.

C’è Vincenzona, dolce e imponente, che subisce la violenza del marito ma riesce a liberarsi “solo a metà, certo” ma riesce a “crearsi un’anima consapevole”; Cosima, che sente di essere un gatto, che conserverà una certa ingenuità anche quando sarà adulta, si sposerà e farà una scelta di cuore contro il parere di tutte. E Viola, la figlia minore di Camilla e Aldino, che dovrà fare una scelta importante per la sua vita e Camilla riuscirà a seguirla e consigliarle senza imporre i suoi giudizi.

«Cristo ce lo fa assaggiare, il cielo. E noi prendiamocelo. Qua sulla terra. Alla fine avremo le ossa frantumate, ma l’anima rafforzata»

Un romanzo che ti fa vivere quel mondo, le viuzze, quelle case, la vita fatta di piccole cose. Il lavoro manuale, gli animali che non sono solo compagni ma anche sostentamento.

In mezzo c’è la guerra, la Seconda Guerra Mondiale. Ed è la parte centrale del romanzo. Si parla di come vive la popolazione di un piccolo centro durante la guerra e i mesi dei bombardamenti e quello che ne deriva: la guerra è così, ingiusta per tutti. Voluta da pochi, con molti carnefici, che alle volte eseguono gli ordini, spesso vigliacchi o addirittura sadici. Poi ci sono le vittime, tante, tantissime.

E ci sono le scelte dei pochi che possono rendere la vita un inferno a molti.

Mi riferisco a un evento di cui, personalmente, ho letto poco nei romanzi che trattano il secondo conflitto. Perché quella guerra fa rima con fascismo e nazismo, si parla molto dell’Olocausto, meno della borsa nera, delle ingiustizie dei piccoli centri e pochissimo di quello che venne definito come il fenomeno delle “marocchinate”. Uno degli esempi letterari e cinematografici più famoso è La Ciociara di Alberto Moravia, ma poi poco si è scritto o raccontato. Perché rimane una pagina raccapricciante della storia italiana. Ma veramente gli italiani meritavano anche questo trattamento dopo mesi di bombardamenti? Se ne parla così poco che molti non sanno che già nel luglio del 1943 erano sbarcati in Sicilia ma l’epilogo lì fu un po’ diverso e gli alleati girarono le spalle ignorando la reazione della popolazione locale che si fece giustizia con le proprie mani! Nell’Italia centrale la situazione fu ancora più tragica!

La Mollicone fa una scelta stilistica molto forte. Non decide di trattare la questione in due righe o con una breve cronistoria. Fa parlare la Cerchia. Racconta dei goumieres attraverso le parole delle donne raccolte e arrabbiate e concordano nel dire che la vergogna non è la loro ma di quegli altri: di chi ha commesso i crimini e di chi li ha permessi! Sono le pagini più crude e difficili da leggere. Fanno rabbia ancora oggi!

«È una femminanza assestata e selvaggia, che tramanda la natura delle cose, ma non perde mai l’istinto alla sua ricerca d’anima! È una corda di sapere, una libertà di pensare, accogliere, fare pace e lottare fino all’ultimo sangue»

Un romanzo che parla alle donne in tutte le loro età, ma anche agli uomini. Per chi cerca una storia che racconta l’Italia del ‘900 quella rurale, ancora legata alle tradizioni, a chi ama storie in cui vi è un filo di magia. A chi cerca una storia del legame femminile ma anche quello tra madre e figlia.

Antonella Molliche  autrice di La Femminanza  - ilRecensore.it


Antonella Mollicone vive a Rocca d’Arce, un paese in provincia di Frosinone. Dopo la laurea in Lettere classiche, il baccalaureato e la licenza in Archeologia cristiana, inizia a insegnare materie letterarie e a occuparsi di epigrafia.

Successivamente apre Bibliotè, libreria-caffè letterario al centro della città di Sora, che gestisce per diversi anni, e diventa ricercatrice letteraria per i Comuni del suo territorio e direttrice artistica del Labirinto dei Musei dello scultore Vincenzo Bianchi.

A La femminanza ha lavorato per più di dieci anni, raccogliendo testimonianze sul campo e attingendo alla memoria popolare e storica del Lazio meridionale.

Autore

  • Samanta Giambarresi

    Siciliana con la predilezione per gli scrittori siciliani.
    Ho scoperto la passione per la lettura quando mia sorella mi ha letto la novella La Giara di Pirandello.
    I libri sono mondi da scoprire, dove una storia bellissima, segreta, si svela pagina dopo pagina.
    Ho iniziato a scrivere recensioni nel 2006 per una rivista letteraria. Ho collaborato con varie riviste letterarie e case editrici.
    Scrivo e leggo ascoltando musica. Adoro accompagnare la lettura con bevande calde (che spesso si raffreddano mentre sono immersa nella lettura!)

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