Non è successo niente di grave: un noir raffinato tra cronaca e memoria
Sinossi
Tutto inizia con una telefonata nella notte del 7 marzo 1980: «Alza le chiappe e vai a Besana Brianza, hanno ucciso una donna». Da quel momento, un giovane cronista, corrispondente del «Corriere d’Informazione», si trova catapultato in un’indagine che diventerà uno dei casi più avvincenti della cronaca nera italiana, fra bugie e verità scomode. La tragedia, avvenuta tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera del 1980, sconvolge la placida e ricca Brianza. Uno di quei delitti che, oggi, chiameremmo femminicidio: all’epoca era semplicemente un omicidio, in un mondo che ragionava quasi esclusivamente al maschile.
Ma dietro quella morte violenta si nascondono segreti, passioni proibite e un mondo di voci sussurrate che fanno tremare le famiglie e scuotono le istituzioni. Ispirandosi alle sue esperienze di cronista in erba, Michele Brambilla scrive un noir raffinato che intreccia cronaca e memoria, restituendo il sapore autentico di un’Italia che non c’è più e di un mestiere fatto ancora di intuito e scarpe consumate.
Recensione
Raccontare un delitto per raccontare un mondo che non c’è più. Quello del giornalismo di strada, ucciso dalle nuove tecnologie che permettono di comunicare in maniera istantanea da un angolo all’altro del pianeta.
Ma quarant’anni fa c’era bisogno di consumare le suole delle scarpe lungo le strade della città per raggiungere luoghi, seguire vicende, vedere persone (talvolta morte), che potevano diventare notizie da scrivere sul taccuino e poi dettare, da un telefono a gettone, al collega rimasto in redazione a fare la pagina.
Lo sa bene Michele Brambilla, cronista monzese di lungo corso che ha lavorato per vari giornali e oggi è direttore del quotidiano genovese Il Secolo XIX, e che per Baldini+Castoldi ha scritto il romanzo “Non è successo niente di grave” (19 euro, 176 pagine).
Una storia di fantasia, raccontata come se fosse autobiografica, che offre un giallo di provincia ambientato nella tranquilla, agiata, operosa Brianza milanese del 1980. Una terra ricca, dove opera l’Anonima Sequestri, intenta a dare la caccia ai danarosi “cumenda” e ai loro familiari. Ma non è di un rapimento che il giovane Brambilla, poco più che ventenne, è chiamato a occuparsi.
Il cronista del Corriere d’Informazione – l’edizione pomeridiana del Corriere della Sera che usciva allora – riceve dal capo l’incarico di recarsi a Besana in Brianza, dove una donna è stata trovata uccisa in casa. A bordo di una Citroën 2 Cavalli, Brambilla raggiunge il paese, inizia a muoversi tra la procura, la caserma dei carabinieri, il luogo del delitto e il posto in cui si possono trovare più cose da scrivere: il bar! Insieme a lui c’è Beppe Cremagnani, cronista dell’Unità; un amico più che un rivale, con cui Brambilla è solito dividersi il lavoro per fare più in fretta, perché il tempo è tutto.
Prima della fine della mattinata bisogna avere qualcosa da scrivere sul giornale che sarà in edicola dopo pranzo. All’epoca c’era solo il telegiornale della sera e anche il pomeriggio i quotidiani andavano a ruba – Brambilla racconta la gara a chi scriveva i titoli più roboanti in prima pagina e in locandina per attirare l’attenzione dei passanti nei pressi delle edicole: un click baiting d’epoca.
La morta è – era – Caterina Besozzi, medica di base che si era trasferita a Besana da Laveno-Mombello, un altro paese della zona, dove viveva con la famiglia e il fratello, Attilio. Quello che l’ha trovata morta, seduta sulla poltrona del salotto, mentre faceva le parole crociate, col cranio fracassato.
Segno che conosceva l’assassino, lasciato entrare senza timore? Ma Caterina in casa aveva anche il suo ambulatorio, al piano inferiore, dove ogni giorno accoglieva decine di pazienti. Uno dei quali, al termine della visita, può essersi nascosto per poi intrufolarsi al piano di sopra e ucciderla.
Ma per quale motivo? Caterina, scoprirà Brambilla, era una donna bella e desiderata, tanto da essere considerata “la Candice Bergen della sponda magra”. Era sola, all’apparenza, ma magari aveva una relazione segreta, che aveva provocato la gelosia di qualcuno.
L’indagine sarà affidata al sostituto procuratore Sante Forestieri e al maresciallo dei carabinieri Vincenzo Vicinanza, che diverranno altri personaggi del romanzo, nel quale per Brambilla all’orrore del delitto si aggiunge quello della paura.
Paura non dell’assassino, ma delle conseguenze del suo gesto efferato. Perché l’indagine condotta a tutto campo a Besana, paese tranquillo solo all’apparenza, può portare a galla vecchie storie di tradimenti, rivalità, inimicizie, di cui non bisogna parlare per non macchiare reputazioni che devono restare immacolate. Altrimenti, chi avrà più il coraggio di farsi vedere in giro?
In fondo, un omicidio non è “niente di grave” se chi è morto non era neanche del paese. La vita, degli altri, può continuare. Sull’onda dei ricordi, Brambilla tesse una trama che avvince, sorprende e mostra quanto sia pericoloso dipendere dal giudizio della comunità, in un mondo che celebra la rovina altrui più del proprio successo.
TITOLO: Non è successo niente di grave
AUTORE: Michele Brambilla
EDITORE: Baldini+Castoldi
GENERE: noir
AUTORE
Michele Brambilla (Monza, 1958) è giornalista e saggista. Dopo aver diretto «La Provincia» di Como, la «Gazzetta di Parma», «il Resto del Carlino» e «QN Quotidiano Nazionale», dal 2024 è direttore de «Il Secolo XIX».
Tra i suoi libri: L’Eskimo in redazione (1991), Sempre meglio che lavorare (2008), Coraggio, il meglio è passato (2009), Vinceremo di sicuro (2015), In provincia (2023), I peggiori anni della nostra vita (2024). Con Aldo Giovanni e Giacomo ha pubblicato Tre uomini e una vita (2016).


